24.9.06

Prossimo ricevimento

Il prossimo ricevimento e' spostato a lunedi' 25 settembre, dalle 14 alle 15. Il successivo ci sara' mercoledi' 4 ottobre.

Etichette:

23.9.06

Mussi: entro il 2007 riforma del sistema Universita'

22 settembre 2006 - Unita'

"HO PARLATO di bordello riferendomi alla governance dell’Universita' italiana, di come e' gestito il sistema universitario del nostro paese a partire dal ministero per finire alla struttura interna degli atenei. Il paragone Universita'-bordello e' offensivo.

Siamo gli ultimi nella spesa pro-capite in ricerca, ma non nei risultati dove abbiamo punte di eccellenza. Cio' significa che il sistema universitario italiano e' sostanzialmente sano". Il ministro Mussi puntualizza le parole di martedi' al convegno di Confindustria, annunciando che la sua riforma della governance del sistema universitario "sara' presentata al Parlamento per la seconda meta' del 2007".


Ministro, non puo' negare che l'espressione "ho trovato un discreto bordello" era abbastanza forte...

"Era un'espressione in slang, frutto di un confronto franco fatto con gli industriali che ha portato all'obiettivo comune di rilanciare la ricerca in Italia. Mi riferivo pero' ad uno specifico problema, quello della governance del sistema universitario. A quel complesso sistema di regole, istituzioni, poteri attraverso i quali il sistema stesso viene governato, dal ministero al Consiglio universitario, ai consigli accademici. Si tratta di un sistema antiquato e malfunzionante che va profondamente riformato. Il problema principale e' rompere la tendenza alla conservazione. Dal ministero fino agli atenei esistono sovrapposizioni di competenze che rendono difficile ogni cambiamento. Semplificheremo tutto il sistema, precisando le singole competenze, delegando in modo chiaro i diversi poteri. E vogliamo che ogni ateneo, ogni facolta' siano valutati da un'Agenzia indipendente da governo ed enti stessi che ne rilevi risultati, legando a questo una parte negli anni crescente del budget, premiando coloro che fanno bene. Non vogliamo "controllare" dirigisticamente il merito dei vertici, mica siamo "guardie rosse" durante la rivoluzione culturale cinese... ".


Un esempio pratico di queste sovrapposizioni?

"La proliferazione delle Universita' denunciata anche dal presidente della Repubblica e' l'esempio migliore: in vent'anni gli Atenei sono quasi raddoppiati e sono proliferati le facolta' e i corsi, con una spinta dal basso e dall'alto. Cio' e' stato possibile proprio perche' il sistema non aveva capacita' di autocorrezione. Questa e' la crisi della governance. Ora bisogna far rispettare e rendere piu' rigorosi i requisiti minimi e gli standard. Comunque, gia' a legge esistente, ho fermato l'Universita' di Villa San Giovanni e 5 nuove telematiche che si aggiungevano alle 12 gia' esistenti".


Lei cerca consenso per questa "rivoluzione". E i rettori?

"I rettori mi dicono: "e' giusto, ma e' questione assai delicata". E io rispondo: e' delicata, ma va affrontata. Stabilendo che entro il 2007 presenteremo al Parlamento la riforma, ascoltando le indicazioni di tutte le componenti dell'Universita' italiana".


Ma negli atenei il potere dei baronati e' sempre forte...

"Non mi piacciono gli slogan, chi parla di baroni si salva l'anima ma non affronta il problema. Nei prossimi cinque anni andranno in pensione 30 mila docenti, il 47% del totale. e' un'occasione straordinaria per aprire le porte dell'universita' ai giovani. Per questo chiedo in Finanziaria l'inizio di un piano decennale di assunzione di giovani ricercatori e la rimozione del blocco del turn over per universita' e ricerca".


Le lauree triennali non danno sbocco verso il mondo del lavoro.

"La riforma di Berlinguer e' stata positiva, ma ha avuto effetti collaterali indesiderati aggravati dagli interventi della Moratti. Le lauree triennali sono diventate spesso un vicolo cieco, non sono ne' carne ne' pesce. Dobbiamo fare in modo che diano un profilo culturale e professionale per dare sbocchi precisi nel mondo del lavoro. Per farlo ho gia' ridotto il numero degli esami previsti, arrivati in certi casi anche a 35, fissando il limite a 20. Ora bisogna ridurre il numero dei corsi proliferati da 2300 a 5500. Nel decreto sulle classi di laurea c'e' una norma che lo rendera' possibile".

Etichette:

Malauniversita' (di Alfio Mastropaolo)

Riflessioni. Gli atenei italiani scontano guasti antichi e recenti, come l'applicazione della riforma Berlinguer-Zecchino. E sullo sfondo c'e' la delegittimazione della cultura come tale

Alfio Mastropaolo


L'universita' e' davvero un problema. Ha ragione il Ministro Mussi, pur se, per quante cose discutibili abbia fatto il suo predecessore, la sostanza dei guasti e' piu' antica. Alcuni sono antichissimi; ma altri sono piu' recenti: come quelli combinati dall'applicazione delle riforme Berlinguer-Zecchino.
Cominciamo dagli studenti, in premessa enunciando la recente radicale trasformazione dell'utenza studentesca. L'evoluzione della scuola media superiore - ove spiccano la demagogica abolizione degli esami di riparazione e la banalizzazione dell'esame di maturita' - ha fatto si' che gli studenti che accedono all'universita' in media dispongono di livelli di conoscenza assai insoddisfacenti. In piu', spessissimo ci s'iscrive all'universita' solo come alternativa alla disoccupazione, ben sapendo che la qualificazione raggiunta non offrira' alcuna garanzia di occupazione futura. Con che impegno si studia in tali condizioni?
Sullo sfondo c'e' poi una piu' generalizzata delegittimazione della cultura come tale. In tutte le societa' occidentali si spregiano ormai le idee generali, l'astrazione, la ricerca e sempre meno scuola e universita' sono riconosciute luoghi di promozione culturale e civile, ove acquisire capacita' di riflessione, argomentazione e critica.
In tale scenario si situa l'introduzione del nuovo regime 3+2+3. Tralasciamo un movente inconfessabile (l'Italia doveva moltiplicare in fretta i laureati per reggere la concorrenza statistica col resto d'Europa) e veniamo alla sostanza. Il nuovo regime voleva soddisfare un'esigenza fondamentale. Ormai troppi studenti appassivano nei ranghi dei fuori corso, mentre un ciclo di studi piu' leggero, magari professionalizzante, ne avrebbe soddisfatto una quota cospicua. Le lauree biennali avrebbero offerto a chi era interessato una formazione piu' protratta e qualificata.
Il disegno era intelligente e realistico. Ma l'hanno in buona parte vanificato il deficit di competenze degli studenti, la contrazione del mercato del lavoro (per cui tantissimi si proiettano comunque verso le biennali) e soprattutto l'incrocio di norme macchinose e noti difetti degli accademici.
Intanto, il carico di studio nei trienni andava alleggerito, mentre spesso nei trienni si sono forzati i vecchi curricula quadriennali. Inoltre, con la motivazione di fornire una formazione professionalizzante, s'e' registrata un'incontrollata proliferazione di diplomi dai titoli fantasiosi e dai contenuti illusorii. Ogni congrega accademica ha voluto il suo, magari in qualche remoto comune di provincia (gia', c'e' pure la proliferazione delle sedi!), mentre l'ultimo danno lo hanno fatto le nuove norme che regolano il finanziamento delle universita'. Chi ha piu' studenti, ha piu' disponibilita' finanziarie. Dunque, dagli a inventarsi diplomi!
I problemi delle lauree triennali ricadono sulle lauree specialistiche. Anche qui i docenti hanno dato prova di sfrenata fantasia. Ma se forse basterebbe un rigoroso vaglio (nazionale) per rimediarvi, il vero problema e' l'assenza sovente di un'accettabile formazione di base.
Ci sono infine i dottorati di ricerca. Due almeno i punti critici. L'uno e' il "provincialismo" conseguente la dismissione, dipendente dall'autonomia finanziaria riconosciuta alle universita', dei consorzi interuniversitari di dottorato. I quali costituivano una preziosa opportunita' per mettere i dottorandi a contatto con un gruppo di docenti piu' vasto, ma anche per definire standard di valutazione piu' affidabili: peraltro, le commissioni per l'esame finale erano costituite centralmente. Oggi tutto si svolge in sede locale, ci si addottora dove si erano iniziati gli studi e la qualita' delle tesi e' modesta, perche' ogni dottorato la giudica da se'.
Il secondo punto critico e' l'attivazione, da alcuni anni in qua, di una quota sostanziosa di dottorati senza borsa. Se e' giusto accrescere il numero dei dottori, guai a far nozze coi fichi secchi. Far ricerca e lavorare e' un'impresa impossibile. E naturalmente ne scapita la qualita'.
Nell'insieme e' uno stato di cose penoso. Per il quale non e' certo un rimedio la corsa a istituire centri formativi "d'eccellenza" (ai tre livelli e magari privati). Se potrebbero servire scuole sperimentali che interagiscano con le altre, le "eccellenze" sono la caricatura delle grandes e'coles transalpine, che drenano una quota sproporzionata di risorse finanziarie e sono essenzialmente circoli ove le future e'lite intessono i loro networks relazionali.
E' del resto discutibile, in un regime democratico, la gerarchizzazione tra un sistema formativo di serie A, riservato a pochi eletti, e un sistema di serie B. La tradizione italiana prevede che tutte le universita' operino su un piede di parita' e, a ben guardare, le differenze qualitative tra un'universita' e l'altra, che pure non mancano, non erano ne' clamorose, ne' irreversibili. Non v'e' motivo per dismettere questo modello.
Qualcuno, ripetendo lo stucchevole ritornello della concorrenza, suggerisce di premiare finanziariamente le universita' piu' meritevoli e penalizzare le altre. Ma se l'adozione di un sistema di valutazione della ricerca (anche se andra' perfezionato) e' stata una mossa azzeccata, non dimentichiamo che in Italia la mobilita' degli studenti e' circoscritta. Quindi quelli di Bari hanno diritto al medesimo trattamento, e alla stessa qualita' di servizio, di quelli di Milano. Piuttosto: se si sa che una facolta' non raggiunge uno standard accettabile, che la si commissari (o si penalizzino i docenti vecchi, reclutandone magari di nuovi)!


(tratto da: AprileOnLine.Info n. 229  del 22/09/2006)

Etichette:

22.9.06

Universita', il ministro all'attacco. "Ai vertici c'e' un discreto bordello"

20 settembre 2006 - repubblica.it

Mussi annuncia una riforma radicale entro il prossimo anno
Obiettivi sono governance degli atenei e contratti dei docenti
Lotta contro il precariato e le basse retribuzioni dei ricercatori. Per la Finanziaria la sua richiesta sara' 700-900 milioni di euro


Con quest'anno, ma magari il prossimo, ci sara' un intervento sui vertici degli atenei. Il ministro dell'Universita' Fabio Mussi, parlando alla platea di Confindustria per la giornata della ricerca, annuncia che provera' "a introdurre una riforma sulla governance dell'universita', perche' ora e' un discreto bordello". A questa ipotesi, poi, vorrebbe collegare la contrattualizzazione dei docenti universitari. "Non e' sensato che un parlamentare come me guadagni come cinque dirigenti di istituti di ricerca messi insieme".

Ragione di quest'intervento, aggiunge Mussi, e' che se si deve valutare il merito, bisogna farlo a 360 gradi. Perche' non e' possibile che chi non e' controllato controlli il merito di altri. Insomma, dice, "la catena del merito deve arrivare in tutti i settori", incluso quello privato. Mussi osserva poi che i ricercatori italiani "non sono retribuiti e motivati adeguatamente", sebbene siano al terzo posto per pubblicazioni scientifiche dopo Stati Uniti e Gran Bretagna.

"Sono molto produttivi - continua il ministro - ma vivono spesso in condizioni di precarieta' persistente ed e' intollerabile che il loro lavoro sia precario e malpagato fino alla pensione". Qui Mussi diventa durissimo: "E' intollerabile che un giovane che si consuma le scarpe in qualche ufficio politico guadagni subito di piu' di un giovane ricercatore che ha studiato per anni". E' di fondamentale importanza quindi "aprire le porte ai giovani con retribuzioni adeguate"; e in questo senso auspica "un ricambio generazionale nelle universita'".

Dopo un'indagine sul mondo universitario, spiega il ministro, "ho trovato lauree facili, universita' che non sono tali, 14 atenei in piu', proliferazioni indecorose di sedi e di corsi, 12 universita' telematiche gia' riconosciute e altre cinque pronte a esserlo". Ma l'universita', ha sottolineato Mussi, "non e' un computer e mi sono ritrovato a stralciare un sacco di roba".

Per la Finanziaria il ministro ha annunciato che chiedera' circa 700-900 milioni. La richiesta complessiva di fondi finalizzati a ricerca e sviluppo, compreso il piano Bersani per l'innovazione, sara' pari allo 0,1% del Pil. "Naturalmente - ha affermato il ministro - c'e' un problema di conti pubblici molto acuto. Tra me e Bersani, comunque, il complesso dei nuovi investimenti varra' circa un miliardo e mezzo di euro aggiuntivi. Spero che ci sia tutto, o almeno una parte significativa".

Etichette:

Prenotazioni per il 25 settembre


Scienza Politica e Politica Comparata:

Petrarca Maria Teresa RI/501
Vivo Erminia PS/150
Scida Rossella SD 1243


Altri insegnamenti di v.o., triennale e specialistica:

La Nave Daniele
Persico Giovanna SP/10236
Salvo Ida SD/1370
Abbati Chiara RD/1411
Di Donato Carla SD/1848
Zingaro Giuditta SD/1386
Bettalico Romina RD/1418

Etichette:

20.9.06

E' piu' attraente la mini-universita'

Economia. In tre anni sono aumentati del 10 per cento i diplomati che scelgono gli atenei piuttosto che le aziende. E' l'effetto della riforma del 3+2, ma e' presto per esultare

Andrea Scarchilli


Nel giro di tre anni sono aumentati del dieci per cento i diplomati che, dopo la maturita', decidono di continuare gli studi. E' il dato "pesante" che emerge da un indagine condotta dall'Istat proprio sull'universo dei diplomati.

Lo studio ha rilevato che la quota di chi e' impegnato esclusivamente all'universita' e' salita al 34,2 per cento, praticamente un diplomato su tre. Tre anni fa era ferma al 24,8 per cento. Di conseguenza, gli "attivi nel mondo nel lavoro" (occupati o alla ricerca di un impiego) sono molti di meno: il 62,8 per cento contro il 72,3 per cento del 2001.

E' chiaro che un cambiamento statistico cosi' drastico non puo' essere casuale. L'Istat ha individuato la causa nella riforma del sistema universitario che ha introdotto, al posto delle vecchie lauree quadri o quinquiennali, il sistema del 3+2 (laurea triennale piu' eventuale specialistica biennale). E' indiscutibile, quindi, che la riforma un primo risultato l'abbia conseguito: quello di avvicinare molti giovani allo studio universitario. Sono di piu' i diplomati che tentano, attratti dalla prospettiva di un percorso accademico piu' breve. Ma quanti di loro riescano a portare a conclusione gli studi, in quanto tempo e, soprattutto, in che misura le lauree brevi siano compatibili con il mondo del lavoro, sono interrogativi a cui si potra' rispondere solo tra qualche tempo.


Il tipo di diploma. In questo senso i diplomi non sono tutti uguali. Due liceali su tre, ad esempio, scelgono l'universita'. Mentre l'88 per cento dei provenienti dagli istituti professionali e il 74 per cento dei diplomati negli istituti tecnici opta per il mondo del lavoro.


L'area geografica e il genere. I maschi sono piu' propensi a cercare un impiego subito dopo gli istituti superiori: lo fa il 65 per cento di loro contro il 60 per cento delle ragazze. Cambia anche la percentuale a seconda della collocazione geografica: se nel Nord cercano lavoro dopo gli studi superiori 65 diplomati su cento, al Sud la percentuale scende al 62. Questo e' un effetto, probabilmente, di un mercato del lavoro, quello settentrionale, piu' dinamico e prodigo di opportunita' rispetto a quello del Mezzogiorno.


Le retribuzioni. In media, entro i tre anni, dalla fine degli studi, i ragazzi diplomati che hanno trovato lavoro guadagnano 1007 euro. Le ragazze 156 euro di meno. La disparita' cresce se si prende in considerazione il solo Meridione: qui la differenza uomini – donne ammonta a 256 euro. La cifra scende a 149 euro nel Nord Italia e a 118 nelle regioni centrali. Nel Meridione, poi, il 33 per cento dei diplomati non arriva a guadagnare 750 euro mensili (Al Centro la quota e' del 23 per cento, al Nord appena il 14).


I canali di accesso. Un diplomato su quattro trova lavoro grazie a familiari o conoscenti, uno su cinque presentando una domanda al datore, uno su dieci attraverso chiamate dirette dalle aziende e appena quattro su cento grazie alle agenzie di collocamento.


Il giudizio. Nel complesso, il giudizio dei diplomati verso l'occupazione svolta e' sostanzialmente positivo. L'aspetto piu' apprezzato e' il grado di autonomia sul lavoro (l'88,3 per cento si dichiara molto o abbastanza soddisfatto), seguito dal tipo di mansione svolta (83,4 per cento), dalla stabilita' e sicurezza del posto di lavoro (78,3 per cento) e dal trattamento economico (74,6 per cento). Non sempre, tuttavia, un inserimento rapido nel mercato del lavoro assicura buone prospettive di crescita professionale. La percentuale di soddisfatti relativamente alle possibilita' di carriera offerte dal lavoro trovato scende, infatti, al 61,5 per cento con forti differenze di genere (tra le donne soltanto il 54,5 per cento si ritiene soddisfatta). Inoltre, appena il 55,1 per cento apprezza il modo in cui riesce a utilizzare nel lavoro le conoscenze acquisite nel corso degli studi secondari superiori.


(tratto da: AprileOnLine.Info n. 223 del 14/09/2006)

Etichette:

7.9.06

L'Universita' che vuole l'Ulivo

05 settembre 2006 - repubblica.it

Esami, crediti, concorsi, precari. Quale modello si inizia a disegnare dopo le decisioni del ministro Fabio Mussi nei primi cento giorni di governo. Le reazioni di rettori e studenti

di Massimiliano Papasso

Il limite di 20 esami da sostenere per chi vuole conseguire una laurea triennale, l'attuazione della riforma "ad Y" entro il 2011, la possibilita' per gli studenti che cambiano percorso di studio di veder riconosciuti almeno la meta' dei crediti conquistati. A tre mesi dal suo insediamento comincia a prendere corpo la nuova universita' targata Fabio Mussi.
Il ministro diessino, infatti, ha inoltrato a tutti gli organismi competenti uno schema di decreto sulle nuove classi di laurea. Un provvedimento in verita' varato dall'ex ministro Moratti sul finire della scorsa legislatura e che Mussi aveva deciso di "congelare" per limarne alcune parti subito dopo la sua nomina. Cosi', dopo un'attenta rilettura di quanto scritto dalla maggioranza di centrodestra, Mussi adesso ha dato il via libera al provvedimento non prima pero' di aver provveduto a modificarne i punti piu' controversi.


Venti esami per una laurea. Se infatti il nuovo testo lascia pressoche' invariate la definizione delle nuove classi di laurea, il Ministero ha ritenuto opportuno concentrarsi su altri particolari. Una delle novita' del nuovo decreto prevede, per le lauree triennali e per quelle a ciclo unico, un limite massimo di esami da sostenere: 20 per quelle di primo livello, 12 per quelle magistrali. Inoltre tutte le universita' dovranno assicurare all'interno di eventuali nuovi corsi di laurea che almeno la meta' dei docenti sia di ruolo. Provvedimenti che vogliono essere soprattutto un invito rivolto agli atenei a mettere un freno alla eccessiva frammentazione didattica degli ultimi anni. Un invito ad una maggiore attenzione che tocca anche le cosiddette convenzioni, cioe' gli accordi tra atenei e ordini professionali che garantivano a studenti "particolari" fino a 2/3 di una laurea senza aver sostenuto nemmeno un esame. Adesso le universita' non potranno riconoscere a giornalisti, dipendenti dei ministeri, consulenti del lavoro e poliziotti piu' di 60 crediti per le lauree triennali e 40 per quelle magistrali.


Crediti e riforma ad Y. Altra importante modifica riguarda invece il sistema dei crediti che caratterizzano ogni esame. Su questo tema il precedente governo aveva introdotto una norma che aveva mandato su tutte le furie i rettori: qualora uno studente decidesse di cambiare universita' o corso di laurea, i crediti acquisiti durante gli studi dovevano "obbligatoriamente" essere riconosciuti dalle altre universita'. Un diktat che i rettori rispedirono al mittente minacciando di ricorrere alla giustizia amministrativa e che adesso Mussi ha provveduto a limare. Spettera' ad ogni singolo ateneo decidere quanti e quali crediti riconoscere agli studenti. Con un unico vincolo: quello di assicurare almeno la meta' dei crediti conseguiti nel corso degli studi.
Si dilatano inoltre anche i tempi di attuazione del nuovo ordinamento ad "Y" che, secondo quanto teorizzato dal governo Moratti, avrebbe dovuto mandare in pensione il "3+2" gia' a partire dall'anno accademico che e' alle porte. Il precedente testo, infatti, prevedeva che la nuova riforma dovesse essere adottata dagli atenei dal 2006/2007 e in ogni caso non oltre il 2008. Adesso, invece, le universita' avranno piu' tempo per adeguarsi (tre anni).


Il "New deal" di Mussi. Inizia cosi' a prendere forma la nuova universita' pensata da Fabio Mussi che, come ha piu' volte ripetuto a studenti, docenti e rettori incontrati durante il lungo tour negli atenei italiani, "non puo' essere realizzata buttando nel cestino le precedenti leggi, quanto piuttosto intervenire per modificarle". Una politica inaugurata pochi giorni dopo l'insediamento nella sede di piazzale Kennedy prima con il blocco del decreto che istituiva la chiacchierata universita' "Francesco Ranieri" di Villa San Giovanni e poi proprio con il congelamento di tre decreti che riguardavano la programmazione degli atenei e, appunto, la determinazione delle nuove classi di laurea.

Tra le priorita' in agenda per i prossimi mesi restano una nuova disciplina dei concorsi universitari per dare spazio ai giovani ricercatori, la creazione di un'agenzia indipendente per la valutazione su cui basare poi la ripartizione dei fondi alle universita', e la convocazione di una Conferenza nazionale sulla condizione studentesca, peraltro chiesta anche dagli stessi studenti che in questi giorni non hanno gradito il via libera di Mussi alla riforma a "Y".
"Nonostante le numerose mobilitazioni studentesche - ha sottolineato l'Udu - il ministro Mussi ha deciso di dare attuazione alla riforma firmata da Letizia Moratti che siamo sicuri gettera' nel caos le universita'. Serve al piu' presto un tavolo di confronto".


La soddisfazione dei rettori. Ma se gli studenti storcono il naso, per i rettori il New deal di Mussi sembra essere cominciato con il piede giusto. "Anche se non siamo di fronte al testo definitivo, in linea di massima sono abbastanza soddisfatto delle modifiche apportate al decreto dal ministro Mussi - afferma Guido Trombetti, rettore dell'Universita' Federico II di Napoli e presidente della Conferenza dei Rettori - In particolare e' da apprezzare la volonta' di bloccare la proliferazione dei corsi di laurea e la frammentazione degli esami. Il '3+2' sotto questo aspetto ha sicuramente generato degli effetti negativi all'interno del sistema universitario che adesso e' giusto contrastare con dei paletti. Sono dei correttivi che noi rettori attendevamo da tempo". Quindi un ministro promosso a pieni voti? "Diciamo che Mussi per il momento ha mostrato grande attenzione alle richieste della Crui - continua Trombetti - Resta pero' la spina nel fianco dei tagli agli atenei previsti dal decreto Bersani che potrebbero creare degli enormi problemi alle universita' italiane. Stiamo dialogando e resto ottimista sul fatto che si possa trovare la piu' presto una soluzione".

Etichette:

2.9.06

UDU, Mussi vara classi di laurea che attuano Moratti

29 agosto 2006 - ADNKRONOS

"Il Ministro dell'Universita' e della Ricerca Fabio Mussi ha avviato l'iter di approvazione dei decreti attuativi del DM 270/04, che riordina i percorsi di studio universitari, richiedendo i pareri sulle classi a Cun, Cnsu e Commissioni Parlamentari"

Lo afferma, in una nota, l'Udu (Unione degli universitari), sottolineando che cosi' "Mussi, nonostante le mobilitazioni studentesche degli ultimi anni contro il percorso ad Y, ha deciso di dare attuazione alla riforma firmata Moratti"


"Studenti per le liberta'", si a tavolo di confronto

''Ci associamo alla richiesta avanzata dall'Udu nel dare vita ad un tavolo in cui poter avviare un sano confronto con gli studenti''. Ad affermarlo sono gli ''Studenti per le Liberta''', associazione degli universitari vicina ai giovani di Forza Italia, in merito alla proposta di un tavolo di confronto avanzata dall'Unione degli universitari (Udu) al ministro dell'Universita' e della Ricerca, Fabio Mussi, in relazione al varo delle classi di laurea, criticato dall'Udu come "attuazione" della riforma Moratti.

Etichette: