27.7.08

Il mondo universitario non può tacere

(tratto da il manifesto del 26/07/2008)

Il recente Decreto Legge 112/2008 è un documento inquietante, che può assestare il colpo di grazia al sistema universitario nazionale. Non ci soffermiamo su una serie di prescrizioni pur di estrema gravità (ulteriore riduzione, in tre anni, del Ffo per 500 milioni di euro; trasformazione in triennali degli scatti retributivi con conseguente riduzione delle già umilianti retribuzioni del personale universitario; drastica riduzione del turnover; regole inique per la determinazione degli accessi, ecc.) che, tuttavia, non raggiungono il livello di insensatezza dei principi che dovrebbero configurare il nuovo modello di sistema.
Il decreto, prevedendo ipocritamente la «possibilità» della trasformazione delle università in fondazioni di diritto privato e, dunque, la privatizzazione del sistema nelle sue espressioni più consolidate, configura una formazione sicuramente incostituzionale ed anticostituzionale. È, infatti, incostituzionale una configurazione sistematica che contrasti il dettato esplicito della Carta, lì dove prevede il carattere pubblico dell'istruzione, anche di quella superiore. È anticostituzionale una formazione che di fatto determina una triplice discriminazione.
Da un lato sono discriminate quelle sedi che, impossibilitate a trasformarsi in fondazioni di diritto privato, andrebbero a configurare, in un sistema a doppio livello di qualità, sedi di serie «b»; dall'altro lato, anche le sedi maggiori e potenzialmente trasformabili in fondazioni verrebbero discriminate in ragione della diversità strutturale delle zone in cui operano: zone ricche e zone povere. Infine una odiosa discriminazione riguarderebbe i giovani, a seconda delle loro condizioni economiche e sociali.
In altre parole, viene ipotizzata un'effettiva, pur se surrettizia spaccatura del paese nell'ottusa previsione di una costellazione di sedi capaci di realizzare un sottosistema di «isole felici», intorno alle quali, in un mare melmoso, vivacchierebbero le sedi di serie «b», nelle quali si spera che andrebbe scaricata ogni possibile contestazione, tra pochi fondi e scarsa qualità di formazione culturale e di preparazione professionale.
Il decreto è un esempio dell'inguaribile provincialismo capovolto italiano, che ritiene di accedere ai processi di modernizzazione e sviluppo, raccattando, con incultura, senza cognizioni approfondite, sistemi o parti di sistema operanti altrove, in paesi di diversa strutturazione sociale, economica e culturale, dei quali, per altro, si ignorano le pur esistenti incongruenze e tensioni, coll'arrestarsi alla impalcatura formale di essi.
In conclusione, il citato decreto rappresenta un consapevole o inconsapevole contributo alla definitiva dissoluzione della identità culturale nazionale, già, purtroppo, ridotta in condizioni precarie, esponendo ad ulteriori rischi la nostra identità statale.
Riteniamo che il mondo universitario non possa più tacere e invitiamo quanti hanno a cuore il destino delle nostre università e, con esse, del nostro paese, a reagire con forza e determinazione, respingendo strumentali ed ipocriti ideologismi da qualsiasi parte provengano e di qualsiasi colore, nell'interesse dei nostri giovani, cui è affidato, senza retorica, l'avvenire della nostra comunità nazionale.

Fulvio Tessitore, Michele Ciliberto, Edoardo Vesentini, Nicola Cabibbo, Giorgio Salvini, Margherita Hack, Giorgio Parisi, Cesare Segre, Annibale Mottana, Giancarlo Setti, Alessandro Pizzorusso, Cesare Vasoli, Giuseppe Giarrizzo, Salvatore Califano, Luigi Radicati di Brozolo, Natalino Irti, Girolamo Arnaldi, Luciano Canfora, Giovanni Chieffi, Fausto Zevi, Arnaldo Bagnasco, Stefano Poggi, Luigi Ruggiu, Alfonso Iacono, Giorgio Melchiori, Walter Tega, Andrea Tagliapietra, Maria Bonghi Iovino, Eva Cantarella, Fabrizio Lomonaco,Edoardo Massimilla, Domenico Conte, Beatrice Centi, Davide Bigalli,Germana Ernst, Federico Vercellone, Pasquale Smiraglia, Alberto Burgio, Giovanni Busino.
Seguono altre 142 firme

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