30.7.06

ESAMI, sessione autunnale

Le date delle sedute (sia per Scienza politica e Politica comparata che per gli altri insegnamenti) sono le seguenti:
25/09/2006, ore 10,00
22/11/2006, ore 10,00
Vi ricordo che le prenotazioni possono essere effettuate con un'e-mail: basta scrivere nella mail per quale esame vi prenotate, le vostre generalita' (nome, cognome e matricola) e la data in cui volete sostenere l'esame.

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28.7.06

Mussi: ''Senza fondi mi dimetto''

Il ministro dell'Universita' e della Ricerca Fabio Mussi contro il taglio del 10% alle spese di gestione degli Atenei, previsto nel decreto-legge Bersani votato alla Camera

Emiliano Sbaraglia

Non ancora sopita la polemica scaturita dopo la decisione proveniente da Bruxelles in materia di ricerca sulle cellule staminali (il cosiddetto cutoff-date), che come era prevedibile ha suscitato l'immediata reazione degli esponenti di area cattolica italiani ed europei, il ministro dell'Universita' e della Ricerca Fabio Mussi si trova subito a dover fare i conti con una nuova e delicata questione, riguardante il taglio di un ulteriore 10% dei fondi per gli Atenei e la ricerca, contenuto nella "manovrina" passata ieri alla Camera con il maxiemendamento al decreto-legge Bersani.

Mussi ha ricevuto e condiviso la "dignitosa protesta" dei rettori e dei direttori degli Enti pubblici di ricerca, ribadendo la sua posizione in disaccordo con le scelte del governo. Raggiunto telefonicamente, il ministro ha ribadito la sua posizione, dopo le prime dichiarazioni battute dalle agenzie: "Confermo che a mio parere il taglio del 10% delle spese di gestione degli atenei e degli enti pubblici di ricerca previsto dalla "manovrina" e' un errore. Va bene stringere la cinghia per quest'anno, ma non potremmo accettare scelte di questo tipo nella finanziaria del 2007, o che non vengano approntati dei significativi correttivi all'interno della stessa". In precedenza, il ministro aveva sottolineato "la bizzarria" riguardante un taglio che include per l'appunto universita' e istituti di ricerca, senza contemplare scuole, Istituto superiore di Sanita', Istituto Zooprofilattico, Enti parco e molte altre realta', che potevano essere inserite nel provvedimento tanto quanto gli atenei e gli Enti pubblici di ricerca.
Il titolare del dicastero sembra deciso nella sua battaglia. "Non sto chiedendo chissa' quali miracoli o incentivi economici. Il fatto e' che se non ci mettiamo al passo con il resto dei paesi europei, e anzi piuttosto annunciamo provvedimenti di definanziamento in materia di spesa e investimenti in ricerca e formazione superiore, il mondo ride e noi piangiamo, come ho gia' detto. Questa sarebbe una politica diversa rispetto a quella prevista nel programma di coalizione. E allora ci vorrebbe un altro ministro".

Lasciato praticamente in solitudine dal resto dei rappresentanti del governo, e stretto anche dalle richieste provenienti dal mondo accademico, che hanno come inevitabile punto di riferimento la carica da lui ricoperta, Fabio Mussi trova un minimo di supporto nelle parole del professor Paolo Prodi, fratello del premier e docente di storia moderna presso la facolta' di filosofia dell'Universita' di Bologna, al quale abbiamo chiesto un commento sulla situazione. "Se devo essere sincero mi trovate impreparato, non sapevo di questo provvedimento contenuto all'interno del decreto Bersani. Stando cosi' le cose, comprendo le perplessita' e la posizione assunte dal ministro Mussi. Il bilancio degli atenei e degli Enti pubblici di ricerca e' stato talmente compresso in questi anni, che in questo modo si rischia di mettere in gioco la sopravvivenza stessa della ricerca. Tagliare prima di razionalizzare - conclude il professore - implica soltanto un passo indietro".

Da rilevare che la scorsa settimana, lo stesso Mussi aveva presentato un emendamento con tanto di copertura finanziaria per sostituire il taglio previsto nella "manovrina", senza pero' ricevere nei giorni seguenti alcuna risposta da parte del governo. Di certo l'emendamento non e' stato ritenuto "funzionale" alla causa. Probabilmente non e' stato neanche discusso.


(tratto da: AprileOnLine.Info n. 213 del 27/07/2006)

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22.7.06

Ricercatori: Mussi, a che gioco giochiamo?

AprileOnLine.Info n. 208 del 20/07/2006

Universita'. Per il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari bisogna sciogliere il nodo del loro stato giuridico. Solo cosi' ci sara' il rinnovamento didattico e accademico
Marco Merafina*


Si e' svolta ieri, 19 luglio, la seconda parte dell'audizione delle Associazioni della docenza in Commissione cultura della Camera. Oltre ai parlamentari della Commissione ha partecipato il ministro Mussi.
Questo secondo incontro si e' incentrato sulle domande dei parlamentari alle Associazioni della docenza e sull'intervento del ministro che ha esposto le linee guida degli interventi che intende perseguire.

Facendo seguito alle dichiarazioni rilasciate su "La Repubblica" la settimana scorsa, il ministro ha ribadito l'intenzione di non riaprire la questione sullo stato giuridico, ponendo come priorita' la legge sulla governance universitaria, il piano di reclutamento straordinario di giovani ricercatori e la creazione di un'Agenzia di valutazione indipendente anche in contraddizione con l'idea, ribadita, che forse 60 mila docenti universitari sono troppi (sic!).
Tutto questo di fronte ai ripetuti interventi dei colleghi delle Associazioni e di qualche parlamentare che hanno ribadito l'importanza di un intervento volto a sanare la questione aperta dei ricercatori attraverso l'introduzione di una terza fascia docente.

Il Coordinamento Nazionale Ricercatori ha presentato una memoria scritta che e' stata consegnata al Presidente della Commissione Cultura e al ministro in cui tra l'altro viene ribadita, secondo la piattaforma del 12 novembre 2004, la necessita' dell'organizzazione di un piano pluriennale di reclutamento di giovani docenti sia per far fronte al turn over previsto nei prossimi anni nelle universita' italiane, sia per rendere giustizia alle migliaia di giovani precari che lavorano nelle universita' con retribuzioni bassissime.

Il CNRU ha puntualizzato che qualsiasi tentativo di risoluzione del problema del precariato universitario debba essere effettuato solo dopo aver risolto il problema del riconoscimento del ruolo di professore agli attuali ricercatori. Solo nel quadro di una nuova figura docente in cui, finalmente, distinguendo il reclutamento dagli avanzamenti di carriera, avremo un'unica carriera del docente universitario, l'operazione di ringiovanimento del corpo accademico avra' un senso. Diversamente, senza aver risolto il nodo dello stato giuridico dei ricercatori e della loro funzione nell'ambito della didattica universitaria, tutto si risolvera' nell'ennesima operazione a favore delle baronie e delle lobby accademiche che hanno bisogno di forze fresche e con minori diritti da manovrare a loro piacimento, specie in certe facolta' (che siano precari o meno).

Da questo punto di vista, pensare alla creazione di un'Agenzia di valutazione e a una legge sulla governance universitaria mantenendo l'attuale stato giuridico, si risolverebbe unicamente in termini punitivi(e penalizzanti anche dal punto di vista stipendiale)per chi non riesce a fare carriera e si porrebbe come il tentativo di restaurazione autoritaria all'interno delle universita', a vantaggio delle posizioni piu' forti.

La stessa cosa vale per qualsiasi provvedimento volto a migliorare e/o correggere l'ordinamento didattico. Ripetere l'errore di pensare di riformare la didattica negli atenei senza porre mano allo stato giuridico sarebbe indice di miopia e riprodurrebbe gli stessi problemi che ha creato finora in termini di determinazione dei requisiti minimi e di ambiguita' sull'impegno didattico dei ricercatori che anche la legge Moratti ha contribuito ad accrescere.

Questa volta i ricercatori, a fronte di intenti ministeriali poco meno che reazionari, non saranno disposti a salvare la baracca per l'ennesima volta, sobbarcandosi un lavoro aggiuntivo non remunerato e nemmeno riconosciuto in termini di stato giuridico.
Del resto il Coordinamento Nazionale dei Ricercatori ha combattuto in prima linea contro l'approvazione della Legge Moratti e proseguira', se necessario, anche in questa legislatura, qualora non venga emanato a breve un provvedimento, snello, sulla terza fascia e sulla carriera dei docenti che contribuisca a svelenire un clima che si sta facendo sempre piu' pesante.

Questo governo, in campagna elettorale e non solo, ha piu' volte ribadito di voler cambiare pagina e di evitare l'errore di compiere riforme dall'alto. Si ricorda che nel programma dell'Unione si diceva tra l'altro

<<...Un terzo piano d'azione riguarda il reclutamento e la carriera dei docenti e dei ricercatori, rendendoli coerenti con i principi dell'autonomia e con quelli indicati dalla Carta europea dei ricercatori. Per rispettare l'agenda di Lisbona e per colmare la distanza che ci separa dai Paesi piu' avanzati, occorre:

- trasformare il ruolo degli attuali ricercatori universitari in "terza fascia" docente;

- giungere rapidamente a selezioni concorsuali con distinzione tra reclutamento e promozioni di carriera, che coniughino l'autonomia di scelta degli Atenei con le garanzie di standard internazionali di merito e di trasparenza dei processi selettivi, operando anche per superare le distorsioni pregiudizievoli che condizionano la progressione delle donne nelle carriere scientifiche...>>

E' chiaro che un distacco cosi' marcato dal programma non puo' giustificarsi ne' con la ristrettezza di risorse, ne' con la risicata maggioranza al Senato: e' chiaramente la volonta' dei "soliti" consiglieri interessati che mirano alla conservazione dei privilegi baronali nelle universita'. La solita lobby trasversale che ha finora impedito qualsiasi riforma vera dell'Universita' italiana. Non e' infatti sostenibile che non ci siano i margini per fare buone riforme, ma che ce ne siano invece per farne di cattive.
Il CNRU, all'indomani del 25 ottobre 2005, quando fu approvata la legge Moratti, ha detto che c'era bisogno di una vera riforma. Tale esigenza resta immutata e rischia di essere disattesa anche dall'attuale governo.
E' chiaro che in mancanza di riscontri da parte del ministro che, trincerandosi dietro i molteplici impegni, di fatto ha rifiutato fino adesso di ricevere le Organizzazioni della docenza, si dovra' prendere in seria considerazione l'idea di un'astensione dalle lezioni per il prossimo anno accademico e magari anche dagli esami e dalle tesi di laurea.
C'e' da sperare che non si arrivi a tanto, ma se queste sono le premesse, occorre prepararsi a dissotterrare l'ascia di guerra.

*Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari (CNRU)

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13.7.06

Prenotazioni per il 24 luglio


Scienza Politica e Politica Comparata:

Venuti Stefanina RD/1316


Altri insegnamenti di v.o., triennale e specialistica:

Califano Camilla SD/100
Di Donato Carla SD/1848
Capuozzo Rosa SD/577
D'Aurelio Anna SD/1234
Febbraro Manuela SP/10108

Rota Francesco RD1373
Pannico Nicla CO/95
De Vivo Diana RD/1315

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Niente ricevimento il 19 luglio

Il prossimo mercoledi', 19 luglio, non ci sara' il consueto ricevimento, che e' rinviato al 24 luglio.

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12.7.06

Quattro punti irrinunciabili per un'universita' pubblica e "uguale"

Liberazione, 11-Luglio-2006

Le prime mosse del neo ministro hanno riacceso il dibattito. Subito un progetto organico

Alberto Burgio e Armando Petrini


Si e' fortunatamente riacceso il dibattito sul destino dell'universita'. Negli ultimi giorni si sono confrontati, dalle pagine di diversi quotidiani, numerosi interventi, di vario segno e differente interesse. Cio' e' ben comprensibile: non appena insediato, il neo-ministro Fabio Mussi ha voluto lanciare, sul terreno delle politiche universitarie, precisi segnali di discontinuita', varando provvedimenti che indicano chiaramente questa direzione.

Il ministro ha bloccato le cosiddette "lauree facili", il proliferare delle lauree per via informatica e l'istituzione di un ateneo privato ad personam, voluto in extremis dall'ex-ministro Moratti; ha infine revocato i decreti attuativi della cosiddetta "Y", che si preparava a peggiorare la gia' pessima riforma del "3+2" istituendo, di fatto, un doppio canale all'interno dell'universita'.

Si puo' sostenere, con qualche ragione, che tutto questo fosse il minimo che un ministro di un governo di centro-sinistra potesse fare e che, d'altro canto, si tratta ancora soltanto di "segnali" e non gia' dell'attuazione di una linea politica complessiva. Tuttavia siamo di fronte a segnali molto forti e, a quanto pare, netti: il ministro sembra voler perseguire, senza ambiguita', la strada del cambiamento.

E' proprio per questo che la discussione sull'universita' si riaccende, affermando opposti timori. I timori di chi - Confindustria in testa, ma anche Margherita e ampi settori dei Ds - paventa la radicale messa in discussione delle linee-guida che hanno segnato le politiche universitarie dell'ultimo quindicennio. E le apprensioni opposte di chi, come noi, teme che, al di la' di qualche scintilla iniziale, si finisca con l'attestarsi sulla continuita' con le scelte degli anni scorsi.

La situazione appare, dunque, aperta a scenari diversi e contrastanti. Molto dipendera' dalla capacita' di ciascuno di costruire egemonia attorno alle proprie posizioni. Per questo riteniamo importante far sentire la nostra voce e mettere in campo, in tempi brevi, un progetto organico di universita' distante tanto dai modelli realizzati dalle sciagurate "riforme" di questi anni, quanto dai modelli oggi vagheggiati dai settori moderati, e purtroppo maggioritari, del centro-sinistra (nei giorni scorsi l'on. Nicola Rossi, in un'intervista a La Stampa, e' stato esplicito nell'inserire le universita' tra i soggetti da liberalizzare, "per preparare il terreno per nuove privatizzazioni").

Il punto cardine della nostra proposta e' semplice: difendere il carattere pubblico dell'universita' e rifiutare qualsiasi ipotesi, diretta o indiretta, di privatizzazione. Ma bisogna intendersi. Privatizzare non significa soltanto introdurre direttamente il "privato" nell'universita'. Puo' certo significare precisamente questo, come nel caso dei corsi di laurea e dei singoli insegnamenti finanziati direttamente dai privati, i quali fanno cosi' ingresso nella gestione della cosa pubblica. Privatizzare l'universita' significa pero' anche - in modo piu' pericoloso perche' meno evidente - piegare l'istituzione universitaria alla logica del privato. Non e' a questa impostazione che ha risposto, per esempio, l'introduzione del principio dell'"autonomia universitaria" all'inizio degli anni Novanta? Non ha forse corrisposto fedelmente, tale principio, al recepimento, da parte degli atenei, della regola aurea della competizione imprenditoriale? Ed e' motivo d'allarme il fatto che secondo questa direttrice si muova anche il Dpef approvato in questi giorni dal governo, nella misura in cui prevede che gli atenei siano posti in concorrenza tra loro.

Occorre a questo punto chiedersi quale sia il modo piu' efficace per opporsi a tale deriva. A nostro giudizio, l'unica opposizione possibile consiste precisamente nell'effettiva difesa del carattere pubblico della ricerca e della formazione superiore universitaria, a cominciare dall'uguaglianza proporzionale dei finanziamenti pubblici alle diverse sedi, in base al principio secondo cui lo Stato si impegna a garantire a tutti e in egual modo una universita' di qualita'.

Ritroviamo cosi' la questione generale con la quale si dovra' confrontare la nuova maggioranza: invertire la rotta del governo Berlusconi - di per se' condizione meritoria ed indispensabile - non e' sufficiente. Fatto cio', si porra' di fronte a noi un bivio: tornare alle politiche liberiste attuate dal centro-sinistra nel corso degli anni Novanta oppure metterle in discussione con l'obiettivo di superarle?

Noi pensiamo che sia quest'ultima la strada da seguire, a partire da quattro presupposti irrinunciabili.

1. Innanzitutto un elemento statistico, senza il quale qualsiasi analisi si trasforma in petizione di principio (o in cattiva ideologia). L'ultimo rapporto annuale dell'Ocse segnala che solo il 10% degli italiani di eta' compresa tra i 25 e i 64 anni e' laureato, a fronte di una media europea del 24%. La tendenza e' ancora piu' preoccupante se si prende in esame la fascia tra i 25 e i 34 anni: qui l'Italia e' ultima nella Ue, sopravanzata non solo da Grecia, Ungheria e Portogallo, ma anche da Argentina, Malesia e Filippine. Evidentemente vi e' un gigantesco problema di natura politica: nel nostro Paese non si investe abbastanza in formazione e istruzione (alla quale e' destinata la miseria del 4,9% del Pil), non si ottimizzano le possibilita' di accesso diffuso agli studi universitari, non si valorizza la qualita' della ricerca e della didattica. Il problema, non solo di giustizia ma anche di razionalita' politica, va affrontato e risolto perche' le conseguenze rischiano di essere devastanti per lo sviluppo stesso del Paese.

2. In secondo luogo va messo in discussione quel vero e proprio totem ideologico che e' il principio dell'"autonomia". E' l'obiettivo piu' difficile perche' e' il meno condiviso all'interno del centro-sinistra, sebbene si tratti di uno dei passaggi dirimenti. Sia chiaro: non e' qui in discussione il valore della liberta' di insegnamento e di ricerca, che resta naturalmente un punto fermo. Il fatto e' che, in regime di "libero mercato", l'autonomia finanziaria (l'unica di fatto promossa dalle riforme in atto) si rovescia fatalmente nell'esatto opposto, poiche' subordina la vita degli atenei ai contesti produttivi e alle loro logiche. Per restituire autonomia alla ricerca e all'insegnamento e' pertanto necessario rigettare l'autonomia finanziaria.

3. Bisogna avere poi la forza di modificare in profondita' il "3+2", gli ordinamenti didattici introdotti dal ministro Berlinguer, che prevedono un triennio di base piu' un biennio specialistico. Questo sistema, fondato su un modello didattico impoverito e semplificato, va radicalmente rivisto. Se ne puo' forse mantenere l'impalcatura formale (tre anni piu' due), purche' all'interno di un quadro che corregga al fondo la filosofia che ne ha sin qui informato i contenuti. Va quindi superato il sistema dei "crediti" (altra forma surrettizia di applicazione di logiche schiettamente aziendalistiche), che ha contribuito a svilire e svuotare di significato gli esami (e dunque lo studio) e nei cui confronti gli studenti si comportano giustamente (poiche' e' l'istituzione universitaria a suggerirlo per prima) come clienti di un supermercato, intenti a completare la propria "tessera a punti". In secondo luogo va incentivata la durata degli studi universitari per tutti e cinque gli anni previsti dal "3+2", evitando che l'allungamento del ciclo si risolva - come oggi accade - in un aggravio di spesa per le famiglie e quindi in un fattore di selezione sociale su base censitaria.

4. E' necessario infine rilanciare e potenziare il diritto allo studio. Al contrario dei progetti di cui si sono fatti promotori tanto Confindustria quanto ampie articolazioni del centro-sinistra, noi chiediamo una significativa riduzione delle tasse universitarie. Auspichiamo inoltre l'istituzione di nuove borse di studio e il varo di efficaci piani di edilizia residenziale al fine di rispondere alle esigenze degli studenti fuori-sede. L'accesso alla formazione superiore deve essere il piu' possibile garantita e tutelata, in ottemperanza ai principi di eguaglianza e giustizia sociale affermati da quella Costituzione che la stragrande maggioranza degli italiani ha dichiarato di voler salvaguardare.

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6.7.06

Mussi, uno spiraglio nel tunnel universitario

AprileOnLine.Info n. 197 del 05/07/2006

Ricerca. Il ministro, intervenuto ieri alla commissione cultura della Camera, ha annunciato le misure che intende intraprendere per invertire il declino determinato dal governo Berlusconi

Manuela Bianchi


“Vogliamo e dobbiamo invertire il lungo percorso di declino del nostro Paese, a cui il governo Berlusconi ha dato una nuova accelerazione”. Questo l'obiettivo generale indicato da Fabio Mussi, ministro dell'Università e della ricerca, nel corso della audizione davanti alla commissione cultura della Camera tenutasi ieri a Montecitorio. Parole che lasciano ben sperare nella tanto attesa inversione di tendenza rispetto agli scempi del precedente governo in fatto di ricerca e università, settori cardine per lo sviluppo del Paese. Così come convince la strategia che Mussi intende seguire nel raggiungimento dell’obiettivo.

Il ministro ha infatti annunciato modifiche alla riforma dei docenti universitari e una radicale riforma del sistema dei concorsi, ricordando come “Nella scorsa legislatura il parlamento è stato impegnato in una farraginosa discussione su un testo di riforma della docenza che mostra di non aver risolto nessuno dei problemi sul tappeto” costringendolo, nel giro di un mese, ad “Intervenire due volte per consentire l'attribuzione di incarichi e supplenze da parte dei rettori”.

“Vogliamo più autonomia per l'Università, e quindi anche più responsabilità” ha detto Mussi, spiegando come la responsabilità debba fondarsi su una rigorosa valutazione del merito, e annunciando che verrà presentato un provvedimento di riforma della governance universitaria. Autonomia, poi, da realizzare attraverso la gestione diretta di budget e immagine da parte di ogni singolo ateneo compresa, tendenzialmente, anche quella dei docenti, pur mantenendo il principio di valutazione comparativa. Mentre il baricentro della procedura, cioè i concorsi, va spostato ai risultati. E a tale proposito annuncia, tra le misure da intraprendere, la presentazione di una legge istitutiva dell'Agenzia per la valutazione,
indipendente e dotata di poteri forti.

Sul versante più specificamente studentesco, una uscita dal tunnel di una condizione universitaria drammatica e discriminante è stata prospettata da Mussi quando ha annunciato uno dei pilastri del programma del ministero: “Abbattere tutte le barriere (comprese le barriere di genere) che ostacolano la diffusione nella società dei giovani che escono dall'università" anticipando a tale proposito "L'organizzazione di una conferenza nazionale sulla condizione studentesca”. Sul tappeto la definizione di uno statuto dello studente in cui siano ben chiari tutti i diritti e i doveri che comportano l'iscrizione all'università e la realizzazione di un programma di borse di studio “che rimuova gli ostacoli finanziari che impediscono agli studenti meritevoli e privi di mezzi di iscriversi e/o frequentare l'università”. Non senza toccare il delicato sistema delle tasse universitarie, che il ministro intende “rendere più flessibile modulandolo al reddito dello studente e alla qualità dell'ateneo”.

Per quanto attiene all’ambito della ricerca, Mussi ha dichiarato che “Occorre passare da un modello non più sostenibile, quello dello ‘sviluppo, peraltro sempre più scarso, senza ricerca’ all’unico modello sostenibile, quello dello sviluppo fondato sulla ricerca”. L’ambizioso programma ministeriale passa per una legge delega per il riordino degli enti di ricerca, volta ad attuare migliori politiche di integrazione della ricerca scientifica ad ogni livello: europeo, nazionale, regionale e locale. Ma per fare questo sarà necessario “correggere alcuni errori compiuti dal passato governo” ridimensionando il processo di burocratizzazione messo in atto dal governo Berlusconi e arrestando la pratica dello spoil system, ritenuta un delitto. La politica di Mussi punta al raggiungimento di una maggiore autonomia dei ricercatori degli enti pubblici che dovranno “partecipare in maniera decisiva alla formazione dei propri gruppi dirigenti, con l’introduzione per le nomine del metodo dei search commitees che presentino autonomamente rose di nomi al ministro” .
Altro obiettivo, riportare fuori dal Cnr l’Istituto nazionale di fisica della materia che, prima di venire inglobato dal colosso della ricerca, “funzionava bene, produceva buoni risultati, era un esempio di organizzazione e di autonomia”.

A conforto della strategia mussiana nell’ambito della ricerca, i numeri della manovrina varata dall’ultimo consiglio dei ministri, che comportano vantaggi per le imprese che investono in ricerca pari a 1 miliardo di euro: “La manovrina – chiarisce Mussi – prevede che la deducibilità fiscale delle spese per la brevettazione e il know-how delle imprese verrà applicata non più in tre, come già previsto, ma in due esercizi fiscali” e che “ la deduzione fiscale per studi e ricerche viene effettuata già nello stesso esercizio in corso”.

Chissà che le dichiarazioni di Mussi in commissione cultura non possano essere accolte favorevolmente dai docenti dell’Andu (Associazione Nazionale Docenti Universitari) da qualche giorno usciti dal Congresso Nazionale che ha avuto luogo a Firenze a partire dal 30 giugno scorso, in cui sono state approfondite le questioni cruciali della docenza e della governance dell’istituto universitario e avanzate proposte specifiche a cui la politica avrà il compito di dare una risposta adeguata.

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1.7.06

Anticipato il ricevimento del 5 luglio

Il prossimo 5 luglio non si terra' il ricevimento. Saro' comunque disponibile lunedi' 3, dopo gli esami, dalle 14 alle 15.

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