Ricercatori: Mussi, a che gioco giochiamo?
AprileOnLine.Info n. 208 del 20/07/2006
Universita'. Per il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari bisogna sciogliere il nodo del loro stato giuridico. Solo cosi' ci sara' il rinnovamento didattico e accademico
Marco Merafina*
Si e' svolta ieri, 19 luglio, la seconda parte dell'audizione delle Associazioni della docenza in Commissione cultura della Camera. Oltre ai parlamentari della Commissione ha partecipato il ministro Mussi.
Questo secondo incontro si e' incentrato sulle domande dei parlamentari alle Associazioni della docenza e sull'intervento del ministro che ha esposto le linee guida degli interventi che intende perseguire.
Facendo seguito alle dichiarazioni rilasciate su "La Repubblica" la settimana scorsa, il ministro ha ribadito l'intenzione di non riaprire la questione sullo stato giuridico, ponendo come priorita' la legge sulla governance universitaria, il piano di reclutamento straordinario di giovani ricercatori e la creazione di un'Agenzia di valutazione indipendente anche in contraddizione con l'idea, ribadita, che forse 60 mila docenti universitari sono troppi (sic!).
Tutto questo di fronte ai ripetuti interventi dei colleghi delle Associazioni e di qualche parlamentare che hanno ribadito l'importanza di un intervento volto a sanare la questione aperta dei ricercatori attraverso l'introduzione di una terza fascia docente.
Il Coordinamento Nazionale Ricercatori ha presentato una memoria scritta che e' stata consegnata al Presidente della Commissione Cultura e al ministro in cui tra l'altro viene ribadita, secondo la piattaforma del 12 novembre 2004, la necessita' dell'organizzazione di un piano pluriennale di reclutamento di giovani docenti sia per far fronte al turn over previsto nei prossimi anni nelle universita' italiane, sia per rendere giustizia alle migliaia di giovani precari che lavorano nelle universita' con retribuzioni bassissime.
Il CNRU ha puntualizzato che qualsiasi tentativo di risoluzione del problema del precariato universitario debba essere effettuato solo dopo aver risolto il problema del riconoscimento del ruolo di professore agli attuali ricercatori. Solo nel quadro di una nuova figura docente in cui, finalmente, distinguendo il reclutamento dagli avanzamenti di carriera, avremo un'unica carriera del docente universitario, l'operazione di ringiovanimento del corpo accademico avra' un senso. Diversamente, senza aver risolto il nodo dello stato giuridico dei ricercatori e della loro funzione nell'ambito della didattica universitaria, tutto si risolvera' nell'ennesima operazione a favore delle baronie e delle lobby accademiche che hanno bisogno di forze fresche e con minori diritti da manovrare a loro piacimento, specie in certe facolta' (che siano precari o meno).
Da questo punto di vista, pensare alla creazione di un'Agenzia di valutazione e a una legge sulla governance universitaria mantenendo l'attuale stato giuridico, si risolverebbe unicamente in termini punitivi(e penalizzanti anche dal punto di vista stipendiale)per chi non riesce a fare carriera e si porrebbe come il tentativo di restaurazione autoritaria all'interno delle universita', a vantaggio delle posizioni piu' forti.
La stessa cosa vale per qualsiasi provvedimento volto a migliorare e/o correggere l'ordinamento didattico. Ripetere l'errore di pensare di riformare la didattica negli atenei senza porre mano allo stato giuridico sarebbe indice di miopia e riprodurrebbe gli stessi problemi che ha creato finora in termini di determinazione dei requisiti minimi e di ambiguita' sull'impegno didattico dei ricercatori che anche la legge Moratti ha contribuito ad accrescere.
Questa volta i ricercatori, a fronte di intenti ministeriali poco meno che reazionari, non saranno disposti a salvare la baracca per l'ennesima volta, sobbarcandosi un lavoro aggiuntivo non remunerato e nemmeno riconosciuto in termini di stato giuridico.
Del resto il Coordinamento Nazionale dei Ricercatori ha combattuto in prima linea contro l'approvazione della Legge Moratti e proseguira', se necessario, anche in questa legislatura, qualora non venga emanato a breve un provvedimento, snello, sulla terza fascia e sulla carriera dei docenti che contribuisca a svelenire un clima che si sta facendo sempre piu' pesante.
Questo governo, in campagna elettorale e non solo, ha piu' volte ribadito di voler cambiare pagina e di evitare l'errore di compiere riforme dall'alto. Si ricorda che nel programma dell'Unione si diceva tra l'altro
<<...Un terzo piano d'azione riguarda il reclutamento e la carriera dei docenti e dei ricercatori, rendendoli coerenti con i principi dell'autonomia e con quelli indicati dalla Carta europea dei ricercatori. Per rispettare l'agenda di Lisbona e per colmare la distanza che ci separa dai Paesi piu' avanzati, occorre:
- trasformare il ruolo degli attuali ricercatori universitari in "terza fascia" docente;
- giungere rapidamente a selezioni concorsuali con distinzione tra reclutamento e promozioni di carriera, che coniughino l'autonomia di scelta degli Atenei con le garanzie di standard internazionali di merito e di trasparenza dei processi selettivi, operando anche per superare le distorsioni pregiudizievoli che condizionano la progressione delle donne nelle carriere scientifiche...>>
E' chiaro che un distacco cosi' marcato dal programma non puo' giustificarsi ne' con la ristrettezza di risorse, ne' con la risicata maggioranza al Senato: e' chiaramente la volonta' dei "soliti" consiglieri interessati che mirano alla conservazione dei privilegi baronali nelle universita'. La solita lobby trasversale che ha finora impedito qualsiasi riforma vera dell'Universita' italiana. Non e' infatti sostenibile che non ci siano i margini per fare buone riforme, ma che ce ne siano invece per farne di cattive.
Il CNRU, all'indomani del 25 ottobre 2005, quando fu approvata la legge Moratti, ha detto che c'era bisogno di una vera riforma. Tale esigenza resta immutata e rischia di essere disattesa anche dall'attuale governo.
E' chiaro che in mancanza di riscontri da parte del ministro che, trincerandosi dietro i molteplici impegni, di fatto ha rifiutato fino adesso di ricevere le Organizzazioni della docenza, si dovra' prendere in seria considerazione l'idea di un'astensione dalle lezioni per il prossimo anno accademico e magari anche dagli esami e dalle tesi di laurea.
C'e' da sperare che non si arrivi a tanto, ma se queste sono le premesse, occorre prepararsi a dissotterrare l'ascia di guerra.
*Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari (CNRU)
Universita'. Per il Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari bisogna sciogliere il nodo del loro stato giuridico. Solo cosi' ci sara' il rinnovamento didattico e accademico
Marco Merafina*
Si e' svolta ieri, 19 luglio, la seconda parte dell'audizione delle Associazioni della docenza in Commissione cultura della Camera. Oltre ai parlamentari della Commissione ha partecipato il ministro Mussi.
Questo secondo incontro si e' incentrato sulle domande dei parlamentari alle Associazioni della docenza e sull'intervento del ministro che ha esposto le linee guida degli interventi che intende perseguire.
Facendo seguito alle dichiarazioni rilasciate su "La Repubblica" la settimana scorsa, il ministro ha ribadito l'intenzione di non riaprire la questione sullo stato giuridico, ponendo come priorita' la legge sulla governance universitaria, il piano di reclutamento straordinario di giovani ricercatori e la creazione di un'Agenzia di valutazione indipendente anche in contraddizione con l'idea, ribadita, che forse 60 mila docenti universitari sono troppi (sic!).
Tutto questo di fronte ai ripetuti interventi dei colleghi delle Associazioni e di qualche parlamentare che hanno ribadito l'importanza di un intervento volto a sanare la questione aperta dei ricercatori attraverso l'introduzione di una terza fascia docente.
Il Coordinamento Nazionale Ricercatori ha presentato una memoria scritta che e' stata consegnata al Presidente della Commissione Cultura e al ministro in cui tra l'altro viene ribadita, secondo la piattaforma del 12 novembre 2004, la necessita' dell'organizzazione di un piano pluriennale di reclutamento di giovani docenti sia per far fronte al turn over previsto nei prossimi anni nelle universita' italiane, sia per rendere giustizia alle migliaia di giovani precari che lavorano nelle universita' con retribuzioni bassissime.
Il CNRU ha puntualizzato che qualsiasi tentativo di risoluzione del problema del precariato universitario debba essere effettuato solo dopo aver risolto il problema del riconoscimento del ruolo di professore agli attuali ricercatori. Solo nel quadro di una nuova figura docente in cui, finalmente, distinguendo il reclutamento dagli avanzamenti di carriera, avremo un'unica carriera del docente universitario, l'operazione di ringiovanimento del corpo accademico avra' un senso. Diversamente, senza aver risolto il nodo dello stato giuridico dei ricercatori e della loro funzione nell'ambito della didattica universitaria, tutto si risolvera' nell'ennesima operazione a favore delle baronie e delle lobby accademiche che hanno bisogno di forze fresche e con minori diritti da manovrare a loro piacimento, specie in certe facolta' (che siano precari o meno).
Da questo punto di vista, pensare alla creazione di un'Agenzia di valutazione e a una legge sulla governance universitaria mantenendo l'attuale stato giuridico, si risolverebbe unicamente in termini punitivi(e penalizzanti anche dal punto di vista stipendiale)per chi non riesce a fare carriera e si porrebbe come il tentativo di restaurazione autoritaria all'interno delle universita', a vantaggio delle posizioni piu' forti.
La stessa cosa vale per qualsiasi provvedimento volto a migliorare e/o correggere l'ordinamento didattico. Ripetere l'errore di pensare di riformare la didattica negli atenei senza porre mano allo stato giuridico sarebbe indice di miopia e riprodurrebbe gli stessi problemi che ha creato finora in termini di determinazione dei requisiti minimi e di ambiguita' sull'impegno didattico dei ricercatori che anche la legge Moratti ha contribuito ad accrescere.
Questa volta i ricercatori, a fronte di intenti ministeriali poco meno che reazionari, non saranno disposti a salvare la baracca per l'ennesima volta, sobbarcandosi un lavoro aggiuntivo non remunerato e nemmeno riconosciuto in termini di stato giuridico.
Del resto il Coordinamento Nazionale dei Ricercatori ha combattuto in prima linea contro l'approvazione della Legge Moratti e proseguira', se necessario, anche in questa legislatura, qualora non venga emanato a breve un provvedimento, snello, sulla terza fascia e sulla carriera dei docenti che contribuisca a svelenire un clima che si sta facendo sempre piu' pesante.
Questo governo, in campagna elettorale e non solo, ha piu' volte ribadito di voler cambiare pagina e di evitare l'errore di compiere riforme dall'alto. Si ricorda che nel programma dell'Unione si diceva tra l'altro
<<...Un terzo piano d'azione riguarda il reclutamento e la carriera dei docenti e dei ricercatori, rendendoli coerenti con i principi dell'autonomia e con quelli indicati dalla Carta europea dei ricercatori. Per rispettare l'agenda di Lisbona e per colmare la distanza che ci separa dai Paesi piu' avanzati, occorre:
- trasformare il ruolo degli attuali ricercatori universitari in "terza fascia" docente;
- giungere rapidamente a selezioni concorsuali con distinzione tra reclutamento e promozioni di carriera, che coniughino l'autonomia di scelta degli Atenei con le garanzie di standard internazionali di merito e di trasparenza dei processi selettivi, operando anche per superare le distorsioni pregiudizievoli che condizionano la progressione delle donne nelle carriere scientifiche...>>
E' chiaro che un distacco cosi' marcato dal programma non puo' giustificarsi ne' con la ristrettezza di risorse, ne' con la risicata maggioranza al Senato: e' chiaramente la volonta' dei "soliti" consiglieri interessati che mirano alla conservazione dei privilegi baronali nelle universita'. La solita lobby trasversale che ha finora impedito qualsiasi riforma vera dell'Universita' italiana. Non e' infatti sostenibile che non ci siano i margini per fare buone riforme, ma che ce ne siano invece per farne di cattive.
Il CNRU, all'indomani del 25 ottobre 2005, quando fu approvata la legge Moratti, ha detto che c'era bisogno di una vera riforma. Tale esigenza resta immutata e rischia di essere disattesa anche dall'attuale governo.
E' chiaro che in mancanza di riscontri da parte del ministro che, trincerandosi dietro i molteplici impegni, di fatto ha rifiutato fino adesso di ricevere le Organizzazioni della docenza, si dovra' prendere in seria considerazione l'idea di un'astensione dalle lezioni per il prossimo anno accademico e magari anche dagli esami e dalle tesi di laurea.
C'e' da sperare che non si arrivi a tanto, ma se queste sono le premesse, occorre prepararsi a dissotterrare l'ascia di guerra.
*Coordinamento Nazionale Ricercatori Universitari (CNRU)
Etichette: politica universitaria
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