Ricominciare: oggi si presenta il volume
"Ricominciare: Il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo" e' il titolo del volume di Paola De Vivo che viene presentato oggi (ore 10) a Palazzo del Mediterraneo, in via Nuova Marina 59 a Napoli.
L'incontro e' promosso dalla Facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' degli Studi di Napoli "L'Orientale". A coordinare il dibattito e' Amedeo Di Maio, preside della Facolta'.
Intervengono, oltre all'autrice, Paolo Frascani, Adriano Giannola, Antonio Lopes, Enrico Melchionda, Isaia Sales e Raffaele Sibilio.
Il monito di Paola De Vivo: Sud, non e' tutto da rifare
"Per far ripartire il Sud non bisogna inventarsi nulla di nuovo. Le politiche pubbliche intraprese negli ultimi dieci anni vanno messe a sistema, dobbiamo smetterla con il vizio di non portare mai a termine nulla a causa dei cambiamenti politici o della burocrazia". E' uno dei concetti chiave contenuti del libro "Ricominciare. Il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo", scritto per i tipi di Franco Angeli da Paola De Vivo, sociologa, docente di Azione pubblica e Sviluppo economico presso l'Universita' degli Studi di Napoli Federico II. "Il Meridione ultimamente e' stato trascurato - afferma - e anche in questa legislatura esiste questo rischio, visto che dalle urne e' uscito un Paese spaccato in due. E il Centrosinistra vuole riconquistare la parte del Nord che ha votato per la Cdl".
di Giovanni Brancaccio
Domanda. "Ricominciare" e' la parola chiave del suo libro. Professoressa De Vivo, per l'intervento pubblico nel Mezzogiorno serve un nuovo inizio?
Risposta. Al contrario. Nel volume ho usato l'espressione "ricominciare" con una doppia valenza. Sul piano politico il Sud, trascurato negli ultimi anni, deve tornare a essere parte integrante del progetto di sviluppo di cui l'Italia ha bisogno nei prossimi anni per rilanciare la sua competitivita'. Il Meridione e' la parte del Paese con le maggiori potenzialita' di crescita. In termini di strategia per lo sviluppo, invece, "ricominciare" ha un'accezione negativa.
D. Perche'?
R. Dopo dieci anni di programmazione negoziata non si puo' pensare di mandare tutto a monte a causa delle discontinuita' politiche o delle pastoie burocratiche. In Italia abbiamo la cattiva abitudine di avviare molti progetti e non portarli mai a termine, a causa delle discontinuita' del quadro politico e della burocrazia.
D. Quindi che cosa suggerisce?
R. Di mettere a sistema tutto quello che e' stato fatto in questi anni per il Sud. I cantieri vanno chiusi, non e' moralmente accettabile che dieci anni siano trascorsi invano. Bisogna fare una valutazione e selezionare le cose che hanno funzionato.
D. Secondo l'economista Nicola Rossi negli ultimi anni il Mezzogiorno ha beneficiato di un "fiume" di risorse, ma i soldi sono stati spesi male. Nel Sud esiste un problema di classe dirigente?
R. Certo che esiste. I dati sono inoppugnabili, come dare torto a Nicola Rossi? E pero', sempre nell'ottica di recuperare quanto si e' fatto di positivo, ricordo che le politiche negoziali hanno consentito in alcuni casi una maturazione degli amministratori locali. Penso all'esperienza della Regione nell'attuazione del Por, ad esempio, o agli Uffici provinciali per la gestione dei Patti territoriali. Un'assunzione di responsabilita' c'e' stata, la sperimentazione in questo e' stata utile. Il fatto che si tratti di eccezioni, pero', un problema lo pone, quanto meno in termini di una necessaria valutazione dei risultati raggiunti.
D. Il controllo spetta al Governo centrale?
R. Non si puo' prescindere dalla cooperazione tra le istituzioni locali e quelle centrali nella regolazione dei percorsi di sviluppo. Ma non ci illudiamo: non si possono controllare da lontano cose che non si vedono. Il problema della formazione di una nuova classe dirigente meridionale non puo' essere certo bypassato. Ed e' un processo complessivo che riguarda non solo gli amministratori, ma anche gli imprenditori.
D. A proposito di imprenditori: gli ultimi dati della Banca d'Italia e dell'Istat per la regione sono molto negativi: l'occupazione e' in calo, il Pil in forte frenata. E l'industria e' in crisi. La Campania e il Sud devono rassegnarsi a vivere di solo terziario?
R. Le cose non stanno andando bene, ma in Campania e nel Sud non ci si puo' rassegnare, anzi: la politica industriale va rilanciata a patto che sia selettiva.
D. Bisogna puntare solo su alcuni settori, allora?
R. Non c'e' dubbio che ci sono comparti che vanno meglio, come aerospazio e automotive, sui quali bisogna scommettere. Ma, parallelamente, vanno sostenuti i settori "maturi" non vanno abbandonati; l'abbigliamento e il calzaturiero, ad esempio, non vanno assistiti, ma tutelati. Molti indicano nel "nanismo" il maggior limite delle nostre imprese: allora proviamo a fare del "piccolo" qualcosa di grande, ad esempio incentivando i consorzi. Senza dimenticare il sommerso, che resta un'emergenza.
D. I primi passi del nuovo Governo non sembrano promettenti per il Sud: il ministro Bersani parla di "questrione settentrionale" e promette mari e monti agli imprenditori lombardi; intanto la delega per il Mezzogiorno non e' stata ancora assegnata...
R. Sara' dura affermare le ragioni del Sud. Dalle urne e' uscito un Paese diviso. Il Nord, in maggioranza, ha votato per la Cdl ed e' chiaro che il Centrosinistra tentera' in ogni modo di recuperare consensi nell'Italia settentrionale. Questa puo' essere una minaccia per il Mezzogiorno.
denaro.it
23-06-2006
Il libro: Paola De Vivo, della Fabbrica del programma, pubblica "Ricominciare: il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo"
La sociologa di Prodi contro l'eterno ritorno del centralismo
di Angelo Agrippa
Al di la' dell'esito non proprio incoraggiante conseguito dalle politiche negoziali per lo sviluppo delle aree meridionali, lo sforzo culturale esperito negli ultimi anni ha pur sempre prodotto segni positivi, tra i quali va annoverato il recupero del senso di una condivisione delle regole, in particolare sul versante socio-istituzionale. Da qui, la sollecitazione a non abbandonare del tutto la strada percorsa, pur con risultati poco soddisfacenti sotto il profilo economico, e in particolare a non lasciarsi prendere dalla "suggestione dirigista e centralizzata dell'intervento pubblico" al Sud. Qualcosa che sarebbe "un guardare indietro piuttosto che in avanti".
E' questo uno dei principali aspetti che animano la tesi di Paola De Vivo, docente di Azione pubblica e sviluppo economico alla Federico II di Napoli e componente di punta della Fabbrica del programma di Prodi, in "Ricominciare: il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo" (Franco Angeli editore). La De Vivo respinge la "tentazione di semplificare e di ricominciare dall'alto" seguendo il gioco inutile dell'eterno ritorno, quale la cattiva abitudine di interrompere ogni nuovo sforzo di attenzione, prima ancora che se ne manifestino gli effetti: "Continuare - afferma la sociologa - a generare delle fratture nell'impostazione dell'azione pubblica di sostegno alle aree meridionali puo' divenire piu' deleterio che non agire sulle continuita' di percorso". Dove, quindi, intervenire?
Secondo la De Vivo non si puo' prescindere dalla cooperazione tra istituzioni locali e centrali. E prima di guardare a cosa accadra' nel bacino del Mediterraneo, sarebbe opportuno rendersi consapevoli dell'importanza "della partecipazione al progetto europeo" che non vuol dire solo ripartizione delle risorse e realizzazione di infrastrutture, ma "processo di consolidamento di regole condivise e rispettate capaci di accompagnare lo sviluppo dei territori". Insomma, un orientamento che, come gia' emerso in un dibattito a Napoli, si contrappone in alcuni punti alla tesi dell'economista Nicola Rossi, secondo cui resta impossibile un recupero delle politiche locali cosi' come conosciute finora. La presentazione del libro della De Vivo avverra' venerdi' 23 giugno alle 10 presso il palazzo del Mediterraneo di via nuova Marina, 59, a Napoli, con Paolo Frascani, Adriano Giannola, Antonio Lopes, Enrico Melchionda, Isaia Sales e Raffaele Sibilio.
Corriere del Mezzogiorno
lunedi' 19 giugno 2006
L'incontro e' promosso dalla Facolta' di Scienze Politiche dell'Universita' degli Studi di Napoli "L'Orientale". A coordinare il dibattito e' Amedeo Di Maio, preside della Facolta'.
Intervengono, oltre all'autrice, Paolo Frascani, Adriano Giannola, Antonio Lopes, Enrico Melchionda, Isaia Sales e Raffaele Sibilio.
Il monito di Paola De Vivo: Sud, non e' tutto da rifare
"Per far ripartire il Sud non bisogna inventarsi nulla di nuovo. Le politiche pubbliche intraprese negli ultimi dieci anni vanno messe a sistema, dobbiamo smetterla con il vizio di non portare mai a termine nulla a causa dei cambiamenti politici o della burocrazia". E' uno dei concetti chiave contenuti del libro "Ricominciare. Il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo", scritto per i tipi di Franco Angeli da Paola De Vivo, sociologa, docente di Azione pubblica e Sviluppo economico presso l'Universita' degli Studi di Napoli Federico II. "Il Meridione ultimamente e' stato trascurato - afferma - e anche in questa legislatura esiste questo rischio, visto che dalle urne e' uscito un Paese spaccato in due. E il Centrosinistra vuole riconquistare la parte del Nord che ha votato per la Cdl".
di Giovanni Brancaccio
Domanda. "Ricominciare" e' la parola chiave del suo libro. Professoressa De Vivo, per l'intervento pubblico nel Mezzogiorno serve un nuovo inizio?
Risposta. Al contrario. Nel volume ho usato l'espressione "ricominciare" con una doppia valenza. Sul piano politico il Sud, trascurato negli ultimi anni, deve tornare a essere parte integrante del progetto di sviluppo di cui l'Italia ha bisogno nei prossimi anni per rilanciare la sua competitivita'. Il Meridione e' la parte del Paese con le maggiori potenzialita' di crescita. In termini di strategia per lo sviluppo, invece, "ricominciare" ha un'accezione negativa.
D. Perche'?
R. Dopo dieci anni di programmazione negoziata non si puo' pensare di mandare tutto a monte a causa delle discontinuita' politiche o delle pastoie burocratiche. In Italia abbiamo la cattiva abitudine di avviare molti progetti e non portarli mai a termine, a causa delle discontinuita' del quadro politico e della burocrazia.
D. Quindi che cosa suggerisce?
R. Di mettere a sistema tutto quello che e' stato fatto in questi anni per il Sud. I cantieri vanno chiusi, non e' moralmente accettabile che dieci anni siano trascorsi invano. Bisogna fare una valutazione e selezionare le cose che hanno funzionato.
D. Secondo l'economista Nicola Rossi negli ultimi anni il Mezzogiorno ha beneficiato di un "fiume" di risorse, ma i soldi sono stati spesi male. Nel Sud esiste un problema di classe dirigente?
R. Certo che esiste. I dati sono inoppugnabili, come dare torto a Nicola Rossi? E pero', sempre nell'ottica di recuperare quanto si e' fatto di positivo, ricordo che le politiche negoziali hanno consentito in alcuni casi una maturazione degli amministratori locali. Penso all'esperienza della Regione nell'attuazione del Por, ad esempio, o agli Uffici provinciali per la gestione dei Patti territoriali. Un'assunzione di responsabilita' c'e' stata, la sperimentazione in questo e' stata utile. Il fatto che si tratti di eccezioni, pero', un problema lo pone, quanto meno in termini di una necessaria valutazione dei risultati raggiunti.
D. Il controllo spetta al Governo centrale?
R. Non si puo' prescindere dalla cooperazione tra le istituzioni locali e quelle centrali nella regolazione dei percorsi di sviluppo. Ma non ci illudiamo: non si possono controllare da lontano cose che non si vedono. Il problema della formazione di una nuova classe dirigente meridionale non puo' essere certo bypassato. Ed e' un processo complessivo che riguarda non solo gli amministratori, ma anche gli imprenditori.
D. A proposito di imprenditori: gli ultimi dati della Banca d'Italia e dell'Istat per la regione sono molto negativi: l'occupazione e' in calo, il Pil in forte frenata. E l'industria e' in crisi. La Campania e il Sud devono rassegnarsi a vivere di solo terziario?
R. Le cose non stanno andando bene, ma in Campania e nel Sud non ci si puo' rassegnare, anzi: la politica industriale va rilanciata a patto che sia selettiva.
D. Bisogna puntare solo su alcuni settori, allora?
R. Non c'e' dubbio che ci sono comparti che vanno meglio, come aerospazio e automotive, sui quali bisogna scommettere. Ma, parallelamente, vanno sostenuti i settori "maturi" non vanno abbandonati; l'abbigliamento e il calzaturiero, ad esempio, non vanno assistiti, ma tutelati. Molti indicano nel "nanismo" il maggior limite delle nostre imprese: allora proviamo a fare del "piccolo" qualcosa di grande, ad esempio incentivando i consorzi. Senza dimenticare il sommerso, che resta un'emergenza.
D. I primi passi del nuovo Governo non sembrano promettenti per il Sud: il ministro Bersani parla di "questrione settentrionale" e promette mari e monti agli imprenditori lombardi; intanto la delega per il Mezzogiorno non e' stata ancora assegnata...
R. Sara' dura affermare le ragioni del Sud. Dalle urne e' uscito un Paese diviso. Il Nord, in maggioranza, ha votato per la Cdl ed e' chiaro che il Centrosinistra tentera' in ogni modo di recuperare consensi nell'Italia settentrionale. Questa puo' essere una minaccia per il Mezzogiorno.
denaro.it
23-06-2006
Il libro: Paola De Vivo, della Fabbrica del programma, pubblica "Ricominciare: il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo"
La sociologa di Prodi contro l'eterno ritorno del centralismo
di Angelo Agrippa
Al di la' dell'esito non proprio incoraggiante conseguito dalle politiche negoziali per lo sviluppo delle aree meridionali, lo sforzo culturale esperito negli ultimi anni ha pur sempre prodotto segni positivi, tra i quali va annoverato il recupero del senso di una condivisione delle regole, in particolare sul versante socio-istituzionale. Da qui, la sollecitazione a non abbandonare del tutto la strada percorsa, pur con risultati poco soddisfacenti sotto il profilo economico, e in particolare a non lasciarsi prendere dalla "suggestione dirigista e centralizzata dell'intervento pubblico" al Sud. Qualcosa che sarebbe "un guardare indietro piuttosto che in avanti".
E' questo uno dei principali aspetti che animano la tesi di Paola De Vivo, docente di Azione pubblica e sviluppo economico alla Federico II di Napoli e componente di punta della Fabbrica del programma di Prodi, in "Ricominciare: il Mezzogiorno, le politiche, lo sviluppo" (Franco Angeli editore). La De Vivo respinge la "tentazione di semplificare e di ricominciare dall'alto" seguendo il gioco inutile dell'eterno ritorno, quale la cattiva abitudine di interrompere ogni nuovo sforzo di attenzione, prima ancora che se ne manifestino gli effetti: "Continuare - afferma la sociologa - a generare delle fratture nell'impostazione dell'azione pubblica di sostegno alle aree meridionali puo' divenire piu' deleterio che non agire sulle continuita' di percorso". Dove, quindi, intervenire?
Secondo la De Vivo non si puo' prescindere dalla cooperazione tra istituzioni locali e centrali. E prima di guardare a cosa accadra' nel bacino del Mediterraneo, sarebbe opportuno rendersi consapevoli dell'importanza "della partecipazione al progetto europeo" che non vuol dire solo ripartizione delle risorse e realizzazione di infrastrutture, ma "processo di consolidamento di regole condivise e rispettate capaci di accompagnare lo sviluppo dei territori". Insomma, un orientamento che, come gia' emerso in un dibattito a Napoli, si contrappone in alcuni punti alla tesi dell'economista Nicola Rossi, secondo cui resta impossibile un recupero delle politiche locali cosi' come conosciute finora. La presentazione del libro della De Vivo avverra' venerdi' 23 giugno alle 10 presso il palazzo del Mediterraneo di via nuova Marina, 59, a Napoli, con Paolo Frascani, Adriano Giannola, Antonio Lopes, Enrico Melchionda, Isaia Sales e Raffaele Sibilio.
Corriere del Mezzogiorno
lunedi' 19 giugno 2006
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