Scienza e università povere e allo sbando
(tratto da il manifesto, 29 Maggio 2008)
Presentato un documento dell'Accademia dei Lincei sulla ricerca in Italia. Pochi i fondi pubblici, assente una visione progettuale. Mentre dilaga il precariato e continua la «fuga dei cervelli»
Lo stato di salute della ricerca scientifica italiana è pessimo. Nonostante la firma al trattato di Lisbona sulla costruzione della «società della conoscenza», i finanziamenti pubblici sono la metà da quanto stabilito nella capitale portoghese oltre otto anni fa. Inoltre è assente una visione progettuale sia di breve che di lungo periodo. Infine, il precariato è diventata la norma nelle politiche di reclutamento dei ricercatori, che non prevedono neanche una verifica del lavoro svolto, né la qualità scientifica del progetti di ricerca.
È questo il fosco affresco che la «Commissione ricerca» dell'Accademia dei Lincei ha delineato in un documento sulla ricerca biologica e medica in Italia reso pubblico ieri. Un affresco che trova conferma in un'inchiesta condotta dal Cnr su come i giovani considerano sulla scienza: campi del sapere certo interessanti (80 per cento degli intervistati), ma difficili da apprendere (52 per cento) e che non aiutano certo a trovare lavoro (per il 70 per cento del campione).
Per tornare al documento dell'Accademia dei Lincei, c'è la conferma che i finanziamenti pubblici alla ricerca scientifica è l'un per cento del prodotto interno lordo, cioè la metà di quanto i paesi dell'Unione europea, Italia compresa, avevano preso come impegno a Lisbona. Inoltre, il disinteresse verso la riesca scientifica è stato bipartisan: da dieci anni a questa parte tutti i governi non hanno considerato l'università e la ricerca scientifica come obiettivi strategici della propria azione. Anzi, la riduzione dei finanziamenti è stata una costante delle finanziarie approvate dai parlamenti che si sono succediti. Eccezione per l'ultimo governo Prodi, che ha mantenuto gli stessi finanziamenti del precedente di centro-destra: una conferma che non ha certo invertito la tendenza nell'emorragia di «cervelli» dal nostro paese.
Da qui l'emorragia di «cervelli» del nostro paese. Una conferma della scelta di molti laureati di cercare lavoro nella ricerca al di fuori dal nostro paese viene anche dai dati contenuti nel documento dell'Accademia dei Lincei. Nel 2007 ci sono state 1700 proposte di progetti di ricerca presentate da laureati italiani all'European Research Council rispetto alle 1000 presentate da «colleghi» tedeschi o inglesi. Di queste sono state accolte solo settanta, ma il dato più allarmante è che oltre la metà dei laureati pensava l'inserimento lavorativo in un paese diverso dall'Italia. Altro dato sconfortante è che al bando sul tema «Salute» del VII Programma quadro dell'Unione europea la percentuale di successo di progetti di ricerca italiani non supera il 15 per cento, contro il 25 per cento degli altri paesi europei.
L'Accademia dei Lincei affronta anche il tema della valutazione di qualità dei progetti di ricerca, riportando i dati di uno studio del National Institute of Health statunitense. È noto che negli usa la valutazione del lavoro di ricerca avviene all'interno delle peer review, cioè che dei «pari» che esprimono giudizi sulla qualità scientifica del lavoro svolto. Per i National Insitutes of Health solo il dieci per cento delle ricerche italiane è valutato secondo il metodo delle peer review. Da qui il giudizio impietoso dell'Accademia dei Lincei su come si accede ai finanziamenti. Rapporti preferenziali con la pubblica amministrazione, costruzione di «cordate» accademiche: si fa di tutto pur di riuscire ad avere i pochi finanziamenti a disposizione, con un conseguente abbassamento della qualità.
Per l'Accademia dei Lincei non esiste nessuna politica del «merito», chi riflette anche nel reclutamento dei ricercatori. Il precariato è infatti la norma, anche se nel documento non si parla ovviamente che molto del lavoro di ricerca è svolto proprio da ricercatori precari dell'Università. L'Accademia dei Lincei tuttavia non esclude che i primi anni di inserimento nel lavoro di ricerca possano essere legati a contratti di lavoro temporanei, ma questo non può essere protratto all'infinito, come spesso accade.
Nel documento ci sono anche alcune proposte per migliorare la qualità del lavoro di ricerca. In primo luogo, la costituzione di centri scientifici interdisciplinari sul modello dei Clinical Research Centers delle Scuole di medicina statunitensi.. Per quanto riguarda l'accesso ai finanziamenti, che va da sé dovrebbero essere aumentati, i fondi pubblici dovrebbero essere annunciati da bandi pubblici. L'assegnazione vera e propria dovrebbe essere gestita da un'Agenzia nazionale, che dovrà inoltre stabilire le linee guida progettuali.
Presentato un documento dell'Accademia dei Lincei sulla ricerca in Italia. Pochi i fondi pubblici, assente una visione progettuale. Mentre dilaga il precariato e continua la «fuga dei cervelli»
Lo stato di salute della ricerca scientifica italiana è pessimo. Nonostante la firma al trattato di Lisbona sulla costruzione della «società della conoscenza», i finanziamenti pubblici sono la metà da quanto stabilito nella capitale portoghese oltre otto anni fa. Inoltre è assente una visione progettuale sia di breve che di lungo periodo. Infine, il precariato è diventata la norma nelle politiche di reclutamento dei ricercatori, che non prevedono neanche una verifica del lavoro svolto, né la qualità scientifica del progetti di ricerca.
È questo il fosco affresco che la «Commissione ricerca» dell'Accademia dei Lincei ha delineato in un documento sulla ricerca biologica e medica in Italia reso pubblico ieri. Un affresco che trova conferma in un'inchiesta condotta dal Cnr su come i giovani considerano sulla scienza: campi del sapere certo interessanti (80 per cento degli intervistati), ma difficili da apprendere (52 per cento) e che non aiutano certo a trovare lavoro (per il 70 per cento del campione).
Per tornare al documento dell'Accademia dei Lincei, c'è la conferma che i finanziamenti pubblici alla ricerca scientifica è l'un per cento del prodotto interno lordo, cioè la metà di quanto i paesi dell'Unione europea, Italia compresa, avevano preso come impegno a Lisbona. Inoltre, il disinteresse verso la riesca scientifica è stato bipartisan: da dieci anni a questa parte tutti i governi non hanno considerato l'università e la ricerca scientifica come obiettivi strategici della propria azione. Anzi, la riduzione dei finanziamenti è stata una costante delle finanziarie approvate dai parlamenti che si sono succediti. Eccezione per l'ultimo governo Prodi, che ha mantenuto gli stessi finanziamenti del precedente di centro-destra: una conferma che non ha certo invertito la tendenza nell'emorragia di «cervelli» dal nostro paese.
Da qui l'emorragia di «cervelli» del nostro paese. Una conferma della scelta di molti laureati di cercare lavoro nella ricerca al di fuori dal nostro paese viene anche dai dati contenuti nel documento dell'Accademia dei Lincei. Nel 2007 ci sono state 1700 proposte di progetti di ricerca presentate da laureati italiani all'European Research Council rispetto alle 1000 presentate da «colleghi» tedeschi o inglesi. Di queste sono state accolte solo settanta, ma il dato più allarmante è che oltre la metà dei laureati pensava l'inserimento lavorativo in un paese diverso dall'Italia. Altro dato sconfortante è che al bando sul tema «Salute» del VII Programma quadro dell'Unione europea la percentuale di successo di progetti di ricerca italiani non supera il 15 per cento, contro il 25 per cento degli altri paesi europei.
L'Accademia dei Lincei affronta anche il tema della valutazione di qualità dei progetti di ricerca, riportando i dati di uno studio del National Institute of Health statunitense. È noto che negli usa la valutazione del lavoro di ricerca avviene all'interno delle peer review, cioè che dei «pari» che esprimono giudizi sulla qualità scientifica del lavoro svolto. Per i National Insitutes of Health solo il dieci per cento delle ricerche italiane è valutato secondo il metodo delle peer review. Da qui il giudizio impietoso dell'Accademia dei Lincei su come si accede ai finanziamenti. Rapporti preferenziali con la pubblica amministrazione, costruzione di «cordate» accademiche: si fa di tutto pur di riuscire ad avere i pochi finanziamenti a disposizione, con un conseguente abbassamento della qualità.
Per l'Accademia dei Lincei non esiste nessuna politica del «merito», chi riflette anche nel reclutamento dei ricercatori. Il precariato è infatti la norma, anche se nel documento non si parla ovviamente che molto del lavoro di ricerca è svolto proprio da ricercatori precari dell'Università. L'Accademia dei Lincei tuttavia non esclude che i primi anni di inserimento nel lavoro di ricerca possano essere legati a contratti di lavoro temporanei, ma questo non può essere protratto all'infinito, come spesso accade.
Nel documento ci sono anche alcune proposte per migliorare la qualità del lavoro di ricerca. In primo luogo, la costituzione di centri scientifici interdisciplinari sul modello dei Clinical Research Centers delle Scuole di medicina statunitensi.. Per quanto riguarda l'accesso ai finanziamenti, che va da sé dovrebbero essere aumentati, i fondi pubblici dovrebbero essere annunciati da bandi pubblici. L'assegnazione vera e propria dovrebbe essere gestita da un'Agenzia nazionale, che dovrà inoltre stabilire le linee guida progettuali.
Etichette: politica universitaria