Approfondimento: Il sistema politico
1. La scienza della politica e il paradigma del S. politico - 2. Definizioni - 3. L'analisi sistemica della politica - 4. Critiche e sviluppi.
1.Per l'approccio sistemico allo studio della politica e' stato scritto ormai ben piu' di un epitaffio, ora dolente, ora compiaciuto. Quell'insieme eterogeneo di teorie, caratterizzate dalla centralita' del concetto di S. politico, che politologi per lo piu' americani elaborarono nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta sull'onda lunga' della rivoluzione comportamentista, non sembra trovare alcun riscontro nei contributi maggiori della scienza della politica dell'ultimo decennio. Eppure, i lavori di Almond, Deutsch e Easton, o di Mitchell, e di Caplan e Rosenau per quanto concerne gli studi di politica internazionale, rappresentarono, complessivamente considerati, uno dei piu' importanti tentativi di fornire alla scienza della politica un linguaggio comune e originale, che fosse in grado di fondarne la distintivita' rispetto alle discipline a essa contigue. Tale linguaggio fu in gran parte mutuato dalla teoria generale dei sistemi, ma non mancano nozioni e concetti derivati da teorie che negli anni Sessanta si stavano affermando in vari altri campi, come la cibernetica, che in ambito politologico fu coniugata con la teoria dei sistemi da Deutsch, o il funzionalismo, sviluppato nei lavori di Almond. Nella seconda meta' degli anni Sessanta, dopo la pubblicazione dei lavori di Easton, la scienza della politica fini' per essere identificata con la teoria sistemica della politica, che rappresento' inoltre il principale veicolo di diffusione del comportamentismo negli studi politici e segno' il momento di massima affermazione della scienza politica statunitense. Al declino della teoria sistemica corrisposero, parallelamente, la definitiva eclisse del behaviorism e un recupero di identita' della scienza politica europea. Ma la decade of disillusionment che ha dato origine negli Stati Uniti allo svuotamento analitico dell'armamentario teorico comportamentista, ha anche segnato l'inizio di quella "tragedia della scienza politica" dovuta all'assenza di paradigmi in grado di vantare un almeno equivalente potenziale euristico.
Intorno alla meta' degli anni Sessanta il S. politico si presenta dunque come il paradigma dominante nella disciplina. L'adozione di tale paradigma risponde da un lato all'esigenza di formulare una teoria generale della politica, dall'altro, e preliminarmente, all'individuazione dell'unita' di analisi in grado di costituire il nucleo della teoria stessa. In questa prospettiva, la nozione di S. politico viene assunta quale nozione centrale della scienza della politica per la sua capacita' di conferire autonomia analitica alla politica, e quindi alla scienza politica; per il suo presupporre sia una distinzione tra l'oggetto di studio e il suo ambiente esterno, che consente di studiare le interazioni tra il S. politico e i sistemi sociali con esso confinanti, sia l'esistenza di un'articolazione interna al sistema, che consente lo studio delle relazioni tra i sottosistemi dello stesso S. politico; infine, perche' ritenuta in grado di guidare la ricerca empirica. Il S. politico assurge dunque a unita' di analisi fondante la disciplina, a elemento in grado di fissare l'identita' della scienza politica: in quanto elemento centrale della definizione di politica lo diviene, indirettamente, anche della scienza della politica stessa.
2. Il S. politico viene definito genericamente, attingendo al quadro teorico della General Systems Theory; e in modo particolare alla definizione di sistema elaborata da Rapoport, come insieme di "parti" collegate reciprocamente da "interrelazioni". Al di la' della convergenza di fondo su tale definizione, gli autori si differenziano pero' molto nella concreta delimitazione dei "confini" del sistema, e dunque nella sua definizione operativa. Per Easton, influenzato dal Lasswell degli studi sul potere, il S. politico e' costituito da un insieme di interazioni, astratte dalla totalita' del comportamento sociale, attraverso il quale i valori vengono allocati autoritativamente a favore di una societa'. Per Almond e Powell si tratta invece, molto weberianamente, dell'insieme di tutte le interazioni che riguardano l'uso o la minaccia dell'uso della forza legittima. Per Dahl e' S. politico ogni insieme rilevante di relazioni umane che implicano, in misura non irrilevante, potere, comando o autorita'; Urbani lo definisce l'insieme analiticamente rilevante dei processi osservabili come interdipendenti, mediante i quali una qualsiasi comunita' sociale prende decisioni politiche. Tale eterogeneita' e' giustificabile all'interno di un quadro teorico come quello sistemico, che fornisce nozioni e ipotesi generali e astratte, di cui si pretende l'applicabilita' a qualsiasi tipo di interrelazione. La definizione di cio' che costituisce un sistema di interrelazioni e' dunque del tutto arbitraria e puramente nominale. Costruire un sistema consiste, tautologicamente, nel definirne i confini. La scelta di tali confini, e dunque degli elementi che fanno parte del sistema, e' soggetta soltanto a considerazioni di utilita' operazionale.
Costruzione arbitraria per eccellenza, un sistema non ha significato, se non in rapporto alla totalita' dalla quale lo si e' estrapolato. Una volta fissati i confini del S. politico, l'analisi sistemica si concentra sulle transazioni tra il Sistema e il suo ambiente. In cio' risiede, secondo Easton, la portata innovatrice dell'approccio, rispetto alla tradizionale analisi istituzionalista, che si era fino ad allora concentrata sullo studio delle strutture e dei meccanismi decisionali interni al S. politico.
In A Systems Analysis of political life, pubblicato nel 1965, Easton propone, rifacendosi alla cibernetica wieneriana, di considerare il S. politico come una black box, una scatola nera della quale e' possibile analizzare unicamente le interazioni con l'esterno, ed e' su tali interazioni che deve concentrarsi l'analisi sistemica della politica. e' invece l'aderenza al paradigma comportamentista che consente di spiegare l'emergere, quale tema centrale di tale analisi, la persistenza e l'adattamento del sistema, in seguito a stimoli provenienti dall'ambiente esterno. Qual e' la natura degli stimoli ambientali, e quali sono i processi attraverso cui tali stimoli vengono comunicati al sistema? Da dove deriva la capacita' del sistema di mantenersi in equilibrio, nonostante le pressioni ambientali? Come dar conto della persistenza dei S. politici in un mondo caratterizzato dal mutamento? Queste le domande principali per le quali i teorici del S. politico si preoccupano di formulare risposte soddisfacenti.
3. Chi si e' occupato di analisi sistemica della politica si e' quasi sempre concentrato sui lavori di Easton, in quanto unico, tra i diversi autori che assumono il S. politico quale paradigma teorico comune, disposto a sviluppare una teoria generale della politica basandosi esclusivamente su nozioni elaborate in un quadro sistemico coerente. Della sua proposta teorica ripercorreremo qui in sintesi i tratti principali. L'autore descrive le relazioni tra il S. politico e il suo ambiente come un circuito cibernetico chiuso: tutte le transazioni possibili tra sistema e ambiente sono incluse nel circuito, che si trova in uno stato di moto incessante. Di tale movimento non e' dato peraltro cogliere il momento iniziale: un'esigenza una decisione o una retroazione sono sempre infatti il frutto di movimenti o stimoli anteriori. La concezione del circuito cibernetico e' stata acclamata da alcuni autori, causa il suo rompere con l'analisi statica tradizionale, come una conquista teorica di dirompente portata innovatrice.
L'ambiente del S. politico comprende due categorie: l'ambiente infra-societario, composto dall'insieme dei sistemi sociali inclusi nella societa' della quale il S. politico e' un aspetto, e l'ambiente extra-societario, che comprende i sistemi sociali e politici esterni a tale societa'. Dall'ambiente, cosi' delineato, confluiscono al S. politico apporti di diversa natura (inputs), differenziabili secondo le categorie della domanda e del sostegno. Le domande (demands), basate su bisogni (aspettative, ideologie, interessi, motivazioni, opinione pubblica), premono sul sistema, dal quale pretendono che una qualche allocazione autoritativa di valori sia posta in essere. L'accumulazione di domande, spesso contraddittorie, che insistono sui confini sistemici in attesa di soddisfazione, puo' causare un sovraccarico (stress) tale al S. politico, da limitarne o, in una situazione limite, impedirne l'attivita' di allocazione dei valori alla societa'. Tuttavia, ciascun S. politico sviluppa una (maggiore o minore) "capacita'",da un lato di sopportare, dall'altro di contrastare lo stress da sovraccarico di domande: se infatti attraverso vari meccanismi di filtraggio/riduzione/regolazione (operati dai gatekeepers -"guardiani" di kafkiana memoria - e dalle norme culturali) o di soddisfazione delle esigenze (ma le risorse del sistema non sono illimitate) il sistema riesce parzialmente a ridurre, contrastandola, la tensione sui propri confini, attraverso lo sviluppo del sostegno crea invece le condizioni per sopportare quella parte di sovraccarico non altrimenti regolabile.
Il sostegno (support) costituisce la seconda categoria di immissione (input) nel S. politico. Al contrario della domanda, che lo indebolisce, il sostegno rafforza il sistema, ed e' indispensabile per la trasformazione delle domande in emissioni (outputs). Oggetto del sostegno sono tre componenti del S. politico: la comunita' politica, il regime e le autorita'. Ma la principale distinzione del sostegno e' quella tra "sostegno diffuso", derivante sia dal senso di identificazione nella comunita' politica, sia dalla convinzione della legittimita' del regime, e "sostegno specifico", indirizzato alle decisioni, alle azioni e alle manifestazioni delle concrete autorita' politiche.
Le emissioni del sistema consistono in azioni e decisioni delle autorita' in risposta agli inputs provenienti dall'ambiente. Esse retroagiscono sull'ambiente, con effetti che originano nuovi stimoli, sotto forma di nuove domande e nuovo sostegno, che a loro volta origineranno azioni e decisioni da parte del S. politico. Si chiude cosi' il circuito cibernetico di feet-back che, in quanto processo che mette in grado il sistema di controllare e regolare i disturbi portati al sistema stesso, se si dimostra in grado di spiegarne la persistenza, rivela pero' anche la propria inadeguatezza teorica a rendere conto del mutamento del S. politico.
4. L'obiettivo dell'analisi sistemica di spiegare "la persistenza attraverso il mutamento" non sembra dunque essere stato centrato. La stessa categoria di persistenza, uno dei fondamenti dell'epistemologia sistemica, e' stata attaccata a piu' riprese dai suoi critici. L'attribuizione alle scienze sociali del compito di dare conto della persistenza dei sistemi, subordinando a tale compito l'interpretazione della realta' sociale, e' stata ricondotta alla tradizione organicista della sociologia ottocentesca, e quindi sottoposta alle stesse critiche, sotto i cui colpi quella tradizione si era rivelata in tutta la sua portata mistificatrice.
Un altro limite dell'analisi sistemica e' stato individuato nell'eccesso di astrazione concettuale, e nel conseguente difetto di applicabilita' e di traducibilita' empirica. Sebbene l'effetto prodotto dal ricorso alla nozione di S. politico abbia contribuito in misura consistente a modificare gran parte dei fondamenti interpretativi degli ordinamenti politici, sostituendo al tradizionale bagaglio giuridico-istituzionale una concettualizzazione largamente autonoma, e incoraggiando tensione dell'ambito e della tipologia dei fenomeni presi in esame dalla ricerca empirica, fino a includervi aspetti sociali, culturali ed economici precedentemente trascurati, secondo alcuni critici avrebbe fallito l'obiettivo di arricchire gli strumenti osservativi della realta' politica. L'eterogeneita' dei lavori prodotti in tale orizzonte teorico ha inoltre reso difficile la cumulabilita' complessiva dei contributi.
In definitiva, se e' vero che negli anni Settanta la nozione di S. politico e' l'approccio sistemico, con le sue conseguenze in termini di linguaggio e priorita' di ricerca, si sono diffusi nelle scienze sociali (si vedano in Italia i lavori di Sartori e Farneti), e' anche vero che nessun autore ha seguito Easton nello sviluppo di uno schema concettuale sistemico "ortodosso". Le numerose teorie a medio raggio sviluppate a partire dalla categoria di S. politico, come le teorie sulla crisi (Pasquino), o sul rendimento dei sistemi politici occidentali Eckstein, pur utilizzando una terminologia sistemica, prescindono largamente dalle ipotesi postulate da quell'approccio.
Nel decennio successivo, la continuita' di una percezione sistemica si coniuga dunque all'esaurirsi delle sue premesse epistemologiche. Piu' successo sembrano aver sortito invece i tentativi di combinare nozioni sistemiche con nozioni di derivazione funzionalista, come nella produzione di Almond e di Luhmann o, nel caso di Offe, con la teoria marxista.
Secondo Urbani "lo sviluppo di teorie fondate sul paradigma del S. politico e stato molto spesso frenato, oltre che da un insufficiente approfondimento/sfruttamento del sostantivo (il sistema), [...] anche da una insufficiente definizione dell'aggettivo (politico)". Ma se la definizione corretta dei confini del sistema, cosi' come dell'influenza degli outputs sull'ambiente circostante, e' decisiva al fine di ostruire una teoria sistemica della politica, allora, a fronte degli esiti emersi dal recente dibattito sulla complessita' dei S. sociali delle societa' industriali avanzate, il paradigma del sistema politico non puo' che rivelarsi inservibile per cogliere gli aspetti caratterizzanti del mondo contemporaneo.
(da: Politica, vocabolario a cura di Lorenzo Ornaghi, Milano, ed. Jaca Book, 1996)
1.Per l'approccio sistemico allo studio della politica e' stato scritto ormai ben piu' di un epitaffio, ora dolente, ora compiaciuto. Quell'insieme eterogeneo di teorie, caratterizzate dalla centralita' del concetto di S. politico, che politologi per lo piu' americani elaborarono nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta sull'onda lunga' della rivoluzione comportamentista, non sembra trovare alcun riscontro nei contributi maggiori della scienza della politica dell'ultimo decennio. Eppure, i lavori di Almond, Deutsch e Easton, o di Mitchell, e di Caplan e Rosenau per quanto concerne gli studi di politica internazionale, rappresentarono, complessivamente considerati, uno dei piu' importanti tentativi di fornire alla scienza della politica un linguaggio comune e originale, che fosse in grado di fondarne la distintivita' rispetto alle discipline a essa contigue. Tale linguaggio fu in gran parte mutuato dalla teoria generale dei sistemi, ma non mancano nozioni e concetti derivati da teorie che negli anni Sessanta si stavano affermando in vari altri campi, come la cibernetica, che in ambito politologico fu coniugata con la teoria dei sistemi da Deutsch, o il funzionalismo, sviluppato nei lavori di Almond. Nella seconda meta' degli anni Sessanta, dopo la pubblicazione dei lavori di Easton, la scienza della politica fini' per essere identificata con la teoria sistemica della politica, che rappresento' inoltre il principale veicolo di diffusione del comportamentismo negli studi politici e segno' il momento di massima affermazione della scienza politica statunitense. Al declino della teoria sistemica corrisposero, parallelamente, la definitiva eclisse del behaviorism e un recupero di identita' della scienza politica europea. Ma la decade of disillusionment che ha dato origine negli Stati Uniti allo svuotamento analitico dell'armamentario teorico comportamentista, ha anche segnato l'inizio di quella "tragedia della scienza politica" dovuta all'assenza di paradigmi in grado di vantare un almeno equivalente potenziale euristico.
Intorno alla meta' degli anni Sessanta il S. politico si presenta dunque come il paradigma dominante nella disciplina. L'adozione di tale paradigma risponde da un lato all'esigenza di formulare una teoria generale della politica, dall'altro, e preliminarmente, all'individuazione dell'unita' di analisi in grado di costituire il nucleo della teoria stessa. In questa prospettiva, la nozione di S. politico viene assunta quale nozione centrale della scienza della politica per la sua capacita' di conferire autonomia analitica alla politica, e quindi alla scienza politica; per il suo presupporre sia una distinzione tra l'oggetto di studio e il suo ambiente esterno, che consente di studiare le interazioni tra il S. politico e i sistemi sociali con esso confinanti, sia l'esistenza di un'articolazione interna al sistema, che consente lo studio delle relazioni tra i sottosistemi dello stesso S. politico; infine, perche' ritenuta in grado di guidare la ricerca empirica. Il S. politico assurge dunque a unita' di analisi fondante la disciplina, a elemento in grado di fissare l'identita' della scienza politica: in quanto elemento centrale della definizione di politica lo diviene, indirettamente, anche della scienza della politica stessa.
2. Il S. politico viene definito genericamente, attingendo al quadro teorico della General Systems Theory; e in modo particolare alla definizione di sistema elaborata da Rapoport, come insieme di "parti" collegate reciprocamente da "interrelazioni". Al di la' della convergenza di fondo su tale definizione, gli autori si differenziano pero' molto nella concreta delimitazione dei "confini" del sistema, e dunque nella sua definizione operativa. Per Easton, influenzato dal Lasswell degli studi sul potere, il S. politico e' costituito da un insieme di interazioni, astratte dalla totalita' del comportamento sociale, attraverso il quale i valori vengono allocati autoritativamente a favore di una societa'. Per Almond e Powell si tratta invece, molto weberianamente, dell'insieme di tutte le interazioni che riguardano l'uso o la minaccia dell'uso della forza legittima. Per Dahl e' S. politico ogni insieme rilevante di relazioni umane che implicano, in misura non irrilevante, potere, comando o autorita'; Urbani lo definisce l'insieme analiticamente rilevante dei processi osservabili come interdipendenti, mediante i quali una qualsiasi comunita' sociale prende decisioni politiche. Tale eterogeneita' e' giustificabile all'interno di un quadro teorico come quello sistemico, che fornisce nozioni e ipotesi generali e astratte, di cui si pretende l'applicabilita' a qualsiasi tipo di interrelazione. La definizione di cio' che costituisce un sistema di interrelazioni e' dunque del tutto arbitraria e puramente nominale. Costruire un sistema consiste, tautologicamente, nel definirne i confini. La scelta di tali confini, e dunque degli elementi che fanno parte del sistema, e' soggetta soltanto a considerazioni di utilita' operazionale.
Costruzione arbitraria per eccellenza, un sistema non ha significato, se non in rapporto alla totalita' dalla quale lo si e' estrapolato. Una volta fissati i confini del S. politico, l'analisi sistemica si concentra sulle transazioni tra il Sistema e il suo ambiente. In cio' risiede, secondo Easton, la portata innovatrice dell'approccio, rispetto alla tradizionale analisi istituzionalista, che si era fino ad allora concentrata sullo studio delle strutture e dei meccanismi decisionali interni al S. politico.
In A Systems Analysis of political life, pubblicato nel 1965, Easton propone, rifacendosi alla cibernetica wieneriana, di considerare il S. politico come una black box, una scatola nera della quale e' possibile analizzare unicamente le interazioni con l'esterno, ed e' su tali interazioni che deve concentrarsi l'analisi sistemica della politica. e' invece l'aderenza al paradigma comportamentista che consente di spiegare l'emergere, quale tema centrale di tale analisi, la persistenza e l'adattamento del sistema, in seguito a stimoli provenienti dall'ambiente esterno. Qual e' la natura degli stimoli ambientali, e quali sono i processi attraverso cui tali stimoli vengono comunicati al sistema? Da dove deriva la capacita' del sistema di mantenersi in equilibrio, nonostante le pressioni ambientali? Come dar conto della persistenza dei S. politici in un mondo caratterizzato dal mutamento? Queste le domande principali per le quali i teorici del S. politico si preoccupano di formulare risposte soddisfacenti.
3. Chi si e' occupato di analisi sistemica della politica si e' quasi sempre concentrato sui lavori di Easton, in quanto unico, tra i diversi autori che assumono il S. politico quale paradigma teorico comune, disposto a sviluppare una teoria generale della politica basandosi esclusivamente su nozioni elaborate in un quadro sistemico coerente. Della sua proposta teorica ripercorreremo qui in sintesi i tratti principali. L'autore descrive le relazioni tra il S. politico e il suo ambiente come un circuito cibernetico chiuso: tutte le transazioni possibili tra sistema e ambiente sono incluse nel circuito, che si trova in uno stato di moto incessante. Di tale movimento non e' dato peraltro cogliere il momento iniziale: un'esigenza una decisione o una retroazione sono sempre infatti il frutto di movimenti o stimoli anteriori. La concezione del circuito cibernetico e' stata acclamata da alcuni autori, causa il suo rompere con l'analisi statica tradizionale, come una conquista teorica di dirompente portata innovatrice.
L'ambiente del S. politico comprende due categorie: l'ambiente infra-societario, composto dall'insieme dei sistemi sociali inclusi nella societa' della quale il S. politico e' un aspetto, e l'ambiente extra-societario, che comprende i sistemi sociali e politici esterni a tale societa'. Dall'ambiente, cosi' delineato, confluiscono al S. politico apporti di diversa natura (inputs), differenziabili secondo le categorie della domanda e del sostegno. Le domande (demands), basate su bisogni (aspettative, ideologie, interessi, motivazioni, opinione pubblica), premono sul sistema, dal quale pretendono che una qualche allocazione autoritativa di valori sia posta in essere. L'accumulazione di domande, spesso contraddittorie, che insistono sui confini sistemici in attesa di soddisfazione, puo' causare un sovraccarico (stress) tale al S. politico, da limitarne o, in una situazione limite, impedirne l'attivita' di allocazione dei valori alla societa'. Tuttavia, ciascun S. politico sviluppa una (maggiore o minore) "capacita'",da un lato di sopportare, dall'altro di contrastare lo stress da sovraccarico di domande: se infatti attraverso vari meccanismi di filtraggio/riduzione/regolazione (operati dai gatekeepers -"guardiani" di kafkiana memoria - e dalle norme culturali) o di soddisfazione delle esigenze (ma le risorse del sistema non sono illimitate) il sistema riesce parzialmente a ridurre, contrastandola, la tensione sui propri confini, attraverso lo sviluppo del sostegno crea invece le condizioni per sopportare quella parte di sovraccarico non altrimenti regolabile.
Il sostegno (support) costituisce la seconda categoria di immissione (input) nel S. politico. Al contrario della domanda, che lo indebolisce, il sostegno rafforza il sistema, ed e' indispensabile per la trasformazione delle domande in emissioni (outputs). Oggetto del sostegno sono tre componenti del S. politico: la comunita' politica, il regime e le autorita'. Ma la principale distinzione del sostegno e' quella tra "sostegno diffuso", derivante sia dal senso di identificazione nella comunita' politica, sia dalla convinzione della legittimita' del regime, e "sostegno specifico", indirizzato alle decisioni, alle azioni e alle manifestazioni delle concrete autorita' politiche.
Le emissioni del sistema consistono in azioni e decisioni delle autorita' in risposta agli inputs provenienti dall'ambiente. Esse retroagiscono sull'ambiente, con effetti che originano nuovi stimoli, sotto forma di nuove domande e nuovo sostegno, che a loro volta origineranno azioni e decisioni da parte del S. politico. Si chiude cosi' il circuito cibernetico di feet-back che, in quanto processo che mette in grado il sistema di controllare e regolare i disturbi portati al sistema stesso, se si dimostra in grado di spiegarne la persistenza, rivela pero' anche la propria inadeguatezza teorica a rendere conto del mutamento del S. politico.
4. L'obiettivo dell'analisi sistemica di spiegare "la persistenza attraverso il mutamento" non sembra dunque essere stato centrato. La stessa categoria di persistenza, uno dei fondamenti dell'epistemologia sistemica, e' stata attaccata a piu' riprese dai suoi critici. L'attribuizione alle scienze sociali del compito di dare conto della persistenza dei sistemi, subordinando a tale compito l'interpretazione della realta' sociale, e' stata ricondotta alla tradizione organicista della sociologia ottocentesca, e quindi sottoposta alle stesse critiche, sotto i cui colpi quella tradizione si era rivelata in tutta la sua portata mistificatrice.
Un altro limite dell'analisi sistemica e' stato individuato nell'eccesso di astrazione concettuale, e nel conseguente difetto di applicabilita' e di traducibilita' empirica. Sebbene l'effetto prodotto dal ricorso alla nozione di S. politico abbia contribuito in misura consistente a modificare gran parte dei fondamenti interpretativi degli ordinamenti politici, sostituendo al tradizionale bagaglio giuridico-istituzionale una concettualizzazione largamente autonoma, e incoraggiando tensione dell'ambito e della tipologia dei fenomeni presi in esame dalla ricerca empirica, fino a includervi aspetti sociali, culturali ed economici precedentemente trascurati, secondo alcuni critici avrebbe fallito l'obiettivo di arricchire gli strumenti osservativi della realta' politica. L'eterogeneita' dei lavori prodotti in tale orizzonte teorico ha inoltre reso difficile la cumulabilita' complessiva dei contributi.
In definitiva, se e' vero che negli anni Settanta la nozione di S. politico e' l'approccio sistemico, con le sue conseguenze in termini di linguaggio e priorita' di ricerca, si sono diffusi nelle scienze sociali (si vedano in Italia i lavori di Sartori e Farneti), e' anche vero che nessun autore ha seguito Easton nello sviluppo di uno schema concettuale sistemico "ortodosso". Le numerose teorie a medio raggio sviluppate a partire dalla categoria di S. politico, come le teorie sulla crisi (Pasquino), o sul rendimento dei sistemi politici occidentali Eckstein, pur utilizzando una terminologia sistemica, prescindono largamente dalle ipotesi postulate da quell'approccio.
Nel decennio successivo, la continuita' di una percezione sistemica si coniuga dunque all'esaurirsi delle sue premesse epistemologiche. Piu' successo sembrano aver sortito invece i tentativi di combinare nozioni sistemiche con nozioni di derivazione funzionalista, come nella produzione di Almond e di Luhmann o, nel caso di Offe, con la teoria marxista.
Secondo Urbani "lo sviluppo di teorie fondate sul paradigma del S. politico e stato molto spesso frenato, oltre che da un insufficiente approfondimento/sfruttamento del sostantivo (il sistema), [...] anche da una insufficiente definizione dell'aggettivo (politico)". Ma se la definizione corretta dei confini del sistema, cosi' come dell'influenza degli outputs sull'ambiente circostante, e' decisiva al fine di ostruire una teoria sistemica della politica, allora, a fronte degli esiti emersi dal recente dibattito sulla complessita' dei S. sociali delle societa' industriali avanzate, il paradigma del sistema politico non puo' che rivelarsi inservibile per cogliere gli aspetti caratterizzanti del mondo contemporaneo.
(da: Politica, vocabolario a cura di Lorenzo Ornaghi, Milano, ed. Jaca Book, 1996)
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