Arrivederci, ragazzi
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Da ieri mi sono trasferito formalmente alla Sapienza, presso la facoltà di Scienze della comunicazione.
E' con una nota di emozione che lascio l'Orientale, dove ho insegnato negli ultimi anni e dove mi ero anche laureato tanto tempo fa. Ma mi rendo conto che tale emozione è dovuta soprattutto al fatto di separarmi da una classe di studenti di rara qualità.
Certo, non sono mancati anche tra loro quelli che, interessati al massimo a conseguire obiettivi vuoti e nominali, sono rimasti impermeabili a ogni interesse sostanziale e specialmente a qualsiasi accenno di conoscenza critica. Lo constato con amarezza e con un certo senso di sconfitta, da immarcescibile illuminista quale sono, tanto più se talora questa massa amorfa mi ha indotto perfino a sacrificare il rapporto con gli studenti più partecipi e perspicaci. Con questi ultimi, con voi, avrei voluto e dovuto stabilire un'intesa più stretta, ora me ne rendo conto.
Tuttavia, non sono poche le soddisfazioni che mi avete dato, con la vostra intelligenza in crescita e la vostra curiosità culturale. Non lo dico retoricamente, ma così mi avete aiutato a ricordarmi quanto amo questa mia professione, per quanto essa possa essere diventata difficile e talvolta perfino frustrante.
Non voglio esagerare con i toni sentimentalistici, lungi da me; ma nel congedarmi da voi, ragazzi, voglio augurarmi di essere riuscito almeno un po' a dimostrare e ad attuare quello che era il mio vero intento, così espresso nel film di Louis Malle dalla splendida figura di Padre Jean:
"Per me la vera educazione sta nell'insegnarvi a far buon uso della libertà".
Auguri, ragazzi.
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