17.2.06

Universita': Il computo nevrotico del sapere

AUGUSTO ILLUMINATI

Strana bestia, la riforma universitaria. Un coacervo di pochissime leggi e di moltissimi decreti ministeriali, circolari applicative e talvolta perfino salutari ripensamenti, che nel complesso "implementano" il progetto moltiplicando e scompigliando in ogni momento dell'anno le procedure, i regolamenti d'ateneo, facolta' e corsi di laurea e i pezzi che arrivano fino allo studente: la modulistica dei piani di studio e i verbali d'esame. Il tutto in un esilarante anglo-italiano a base di panel, diploma supplement, range, ranking list e sotto la dittatura di griglie informatiche maneggiate in modo fallimentare dai funzionari ministeriali e violabili con trucchi al di sotto di qualsiasi manualita' hacker.

La macchina del 3+2

Vero che il Ddl Moratti ha suscitato un'opposizione molto estesa, ma ancor piu' vero che il corpo docente, particolarmente nelle componenti piu' strutturate (ordinari e associati), si divide fra chi coerentemente prende la distanze dalla riforma Zecchino-Berlinguer, madre dell'attuale, e chi si scaglia solo contro la stesura piu' recente, che certamente e' peggiorativa e non finanziata, ma si muove nel solco della precedente. La macchina (europea) del 3+2 e la recente introduzione del cosiddetto percorso a Y nel triennio sono nella sostanza largamente accettate, tranne che nelle facolta' umanistiche, e sarebbe arduo sostenere che la precarizzazione dei ricercatori e di altre figure non susciti consensi anche presso chi contesta le formulazioni morattiane. Il sangue dei baroni non e' acqua.

Inoltre, nell'applicazione del 3+2 e nella proliferazione dei corsi triennali e specialistici (ora denominati magistrali), nonche' dei piu' strani master di primo livello, si registra un accanimento terapeutico dovuto esclusivamente allo zelo dei docenti e all'illusione di conquistare qualche fetta di finanziamento e di potere in una fase di forsennata riduzione dei trasferimenti statali alle universita'.

Tralasciando il marasma burocratico e le patologie professionali dei docenti, il punto politicamente piu' interessante e' questo: la costruzione delle carriere studentesche mediante l'attribuzione di crediti formativi (cfu), che si aggiungono alla normale valutazione in voti, e' un tentativo goffo e illogico di computo quantitativo dei saperi, la cui gestione suggerisce improbabili analogie con standard di efficienza imprenditoriale. Il cfu dovrebbe infatti corrispondere a un certo numero di ore di studio e pagine di testo, partecipazione alle lezioni "frontali" (ce ne sono di "dorsali"?), ecc.

Secondo l'ideologia ufficiale l'acquisizione delle conoscenze e' come una fabbrica o un mercato e viene verificata con criteri di razionalizzazione, addizione (180 cfu per una laurea triennale, 120 per la magistrale, x per master e altre specializzazioni, ecc.), riconoscimento del pregresso e delocalizzazione: per esempio, 2 cfu per precedenti esperienze lavorative, x cfu per stages aziendali, tirocini e altri lavori non pagati, ecc. Dietro tali pomposi assunti e gli inni alla professionalita', in realta' vige l'arbitrio piu' totale dei criteri secondo docente, corso di laurea e facolta', il rappezzo di campi eterogenei e la segmentazione capricciosa di saperi gia' compromessi con il sistema dei moduli e ridotti in pillole con corsi da 1 o 2 cfu, funzionali soltanto a vanita' e clientelismi baronali, non certo a esigenze del mercato. Il tutto condito con centralizzazione ministeriale, canalizzazione rigida dei percorsi obbligati, futili lusinghe occupazionali e incombente depressione.

L'assemblaggio dei cfu da parte dello studente - complice l'istituzione-, funziona da variante della raccolta delle figurine. Meno divertente e con troppi doppioni. In alcuni casi si rendono effettivamente bassi servizi di fornitura di forza-lavoro precaria o piu' semplicemente si favorisce con vari meccanismi di riconoscimento la formazione privata, in particolare clericale, ma nella maggior parte delle situazioni prevale una logica produttivistica senza effettiva produttivita', molto simile a quella descritta per altri tipi di impresa da Corinne Maier in Buongiorno pigrizia. Squallida ideologia e allenamento alla sottomissione. Senza catastrofismi, constato che la macchina e' impazzita e va riorganizzata con ritocchi non marginali, abbandonando l'equivoco che basti retrocedere dalla cattive applicazioni morattiane alla buona ispirazione berlingueriana tradita.

Contenimento del danno

La natura arbitraria e caotica della riforma consente a breve una linea di contenimento del danno, per esempio intervenendo con buon senso sull'assetto del personale, la liberalizzazione dei percorsi, il riaccorpamento dei moduli e l'assegnazione ad essi di un numero superiore di cfu, al fine di ridurre drasticamente il numero degli esami che oggi affliggono studenti e docenti. Ma questi sono solo palliativi in vista di un riordino ben piu' incisivo. Per rimettere in moto l'apparato universitario e sincronizzarlo con lo sviluppo effettivo dei saperi non bastano soluzioni tecniche e neppure piu' adeguati finanziamenti.

Dobbiamo invece domandarci: come rendere desiderabile l'universita' per studenti e docenti, che oggi la vivono in modo passivo o nevrotico? Come uscire dalla disaffezione, causa non secondaria del presente sfacelo economico e politico? Si puo' comprimere la principale risorsa produttiva come avviene ora, quando si cerca di arrestare la diserzione dalle facolta' scientifiche cancellando le tasse di iscrizione mentre quelle umanistiche si svuotano a favore dei fantasmi mediatici di scienze della comunicazione? Siffatte fughe sono indizi di un'eccedenza che si sottrae a una logica aziendale, di un movimento cui non si risponde solo con incentivi materiali e deviazioni dispersive ma sparigliando e riaprendo la partita.

il manifesto - 28 Maggio 2005

Etichette: